MadeinBrescia – Introduzione

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Made in Brescia – MiB è ricercare, far conoscere ed emergere, quanto di buono e valido, bandiamo i termini altisonanti, viene prodotto nella nostra provincia a partire dal lavoro quotidiano e dalla passione.  Al centro di questo progetto troviamo le persone, non le cose: è dall’incontro dell’uomo con la terra e tutto ciò che lo circonda il momento da cui nasce l’unicità che lo caratterizza.  E MiB vuole essere realtà  trasversale che non conosce ideologie o integralismi ma si apre ad abbracciare tutti quelli che vogliano condividerne gli elementi fondanti. Proviamo a farne sintesi con la consapevolezza dei limiti inevitabili di questa operazione.

  • La salvaguardia degli aspetti culturali, sociali ed etici di qualsivoglia espressione – come quelle artistiche o intellettuali, anche se il comparto di preminente e primo interesse è quello agro/alimentare – legata a un territorio e alla sua gente. Componenti che rendono un cibo, un manufatto, un testo, ricco di valore, con una sua storia e una sua identità
  • La scelta, ora più che mai necessità, di contemplare sempre l’aspetto ecosostenibile  di ogni parte e passaggio del processo produttivo o ideativo. Obbligo che può essere dapprima solo tensione e desiderio ma che deve successivamente esplicitarsi in atto compiuto.
  • Il prendere coscienza dei limiti di una visione unicamente economica del lavoro dell’uomo, frutto di un allontanamento dalla dimensione umana e dalle proprie radici. A questo allontanamento dobbiamo parte della responsabilità di quest’ultima crisi mondiale, alimentata da una finanza sempre più distante dal mondo reale, popolata da individui per i quali il denaro diventa fine e non possibile strumento.
  • La scoperta di un mercato che accolga queste prodotti, che di volta in volta per quantità, naturale stagionalità, rispetto del valore intrinseco, non sono appetibili  dalla grande distribuzione e dalla comunicazione di massa. Mercato che non divenga mai unico motivo d’essere, ma sia luogo di scambio e confronto tra chi propone un bene e chi di quel bene necessita, spinto da un bisogno che non sia mera sussistenza.
  • Il collegamento tra produttori attenti e ristoratori desiderosi di rivalutare il territorio, con la duplice garanzia della qualità e della reperibilità per i secondi e dello smercio con la giusta remunerazione per i primi, senza dimenticare la ricaduta positiva sul recupero dell’ambiente e delle sue diversità. Così operando, si possono porre  le basi per una continuità del lavoro agricolo e artigianale, permettendone e stimolandone, come momento indispensabile e caratterizzante, il ricambio generazionale e un futuro in cui la riscoperta della terra abbia il posto che merita.
  • La divulgazione di un sapere che, lungi dall’essere sterile gioco intellettuale, possa diventare cibo per la mente e difesa da un’omologazione che tutto appiattisce e ottunde. Su questa traccia si dirà di prodotti che cessano di essere conosciuti poche decine di chilometri dal loro luogo di origine, di ricette che, ingentilite o meno,  sanno di vero, di non inventato o compiacente,  ma ancora una volta e soprattutto di persone che credono nel proprio operare.
  • La valorizzazione di una provincia che per estensione, varietà di ambienti, microclimi e conformazioni geologiche ha ben pochi rivali all’interno di una nazione già composita come poche e che resta, per tanti versi, ancora sconosciuta ai più.
  • La difesa del consumatore, di quel consumatore attento e desideroso che spesso si trova a comperare e a pagare cari, prodotti spacciati per bresciani, ma che tali non sono. O da altri che semplicemente e scaltramente, nell’accezione negativa, nascono per seguire quella che per loro è solo moda, “trend” da sfruttare a fini meramente economici. Corollario delle precedenti affermazioni è l’assicurarsi della correttezza di una filiera in termini di qualità, salubrità e territorialità.
  • L’impegnarsi per dei prodotti che garantiscano la massima tracciabilità e siano del tutto trasparenti nelle informazioni che li accompagnano: nessuno pensa all’obbligo di una scelta nei confronti di produzioni locali o di un prodotto rispetto ad un altro, ma al semplice garantirne concretamente la possibilità.

Indubbiamente una delle aspirazioni – delle presunzioni? – insite in MiB è fare cultura ma lontana da ogni intento falsamente pedagogico, con il “sapere” dispensato dall’alto e riversato su un pubblico che passivamente lo accoglie. Tutelare il consumatore è, prima di tutto, renderlo edotto, informarlo sulle varie opzioni disponibili, offrirgli la possibilità di un approccio alternativo a quel “Good enough”, quell’abbastanza buono che pare essere il traguardo a cui tende una larga parte della produzione globalizzata. Questo l’obiettivo primario del progetto: una cultura che renda consapevoli e capaci di scegliere.

Questa breve introduzione ricalca quasi integralmente quella già apparsa nel blog TerraUomoCielo di Giovanni Arcari, inglobando parzialmente un suo commento e un intervento di Enrico Togni, viticoltore di montagna in Val Camonica. Un grazie ad entrambi.

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