Pubblichiamo con piacere questo scritto di Paola Baratto dedicato a Renzo Baldo, figura eclettica e centrale della cultura bresciana nel dopoguerra e presidente onorario della Commissione Cultura Fondazione Clementina Calzari Trebeschi.
Letteratura…
Non è, certo, la prima cosa che viene in mente parlando di Brescia. Eppure…
Eppure, tra città e provincia, si scrive e si pubblica (magari, questo, con più fatica) davvero molto. Tanto che sarebbe difficile elaborare una stima.
Ma, se il marchio Mib significa anche “radici”, ovvero memoria e continuità, in ambito letterario non si può prescindere dalla figura di Renzo Baldo, indiscusso punto di riferimento nel dibattito culturale e civile della città (nel 2005, l’amministrazione Corsini gli conferisce il “Grosso d’oro”).
Nel gennaio di quest’anno, quasi a suggello del novantesimo compleanno (ma chi lo conosce sa quanto sia refrattario all’autocelebrazione), ha pubblicato “Percorsi metrici” (Edizioni Progetto Cultura). Un testo motivato non tanto da tentazioni narcisistiche (ci tiene a sottolineare l’autore), ma dal “tranquillo desiderio di lasciare un “documento”. O meglio, una testimonianza d’un percorso di vita fatto “a tu per tu con le lettere”.
Recuperando quanto uscito dal 1986 al 2008 (ma alcune poesie risalgono al 1936) e con l’aggiunta d’una raccolta inedita, il libro ci “consegna” la figura di Renzo Baldo in tutte le sue sfaccettature: insegnante e musicista, poeta e musicologo. Tante vocazioni, ma un’unica strada diritta, senza astute scorciatoie o inversioni di rotta dettate da convenienze.
Rigorosa coerenza e integrità intellettuale mai ostentate, insomma. Dietro un’apparenza schiva e riservata (molto “mib” in questo…), Renzo Baldo rivela da sempre grande disponibilità al confronto con le nuove generazioni. Chi è stato suo alunno, infatti, ricorda un’autorevolezza esercitata con discrezione e pudore.
E’ severo lo sguardo del Baldo sulle società umane. Ma ironico il suo versificare. Caustico, talvolta. Preferisce il registro grottesco, non scivola nella scontata retorica. Dalla prima all’ultima pagina di “Percorsi metrici”, si percepisce, chiaro, il disincanto quasi congenito di chi non si è mai fatto abbagliare dai nascenti idoli delle folle, né in passato né ora (“Nuovo Bismarck” è datata 1936 ma la sua eco arriva fino a noi). Ma neppure sedurre dal nascente consumismo incarnato dal Boom economico, da cui “filtra sottilmente il sentore/di una nuova barbarie”.
Ama la musica Renzo Baldo (un pomeriggio al mese suona il pianoforte per gli amici), ama il cinema. Ma è alla scrittura che affida quella possibilità di riscatto che nella vita reale sfugge.
“Abbarbicati alle parole/no, ancor prima/al foglio bianco” scrive in “Tra gli intrichi”: “coltiviamo la speranza (…)/che qualche spiraglio si apra/ad intendere/e ad essere intesi”.
Si ha l’impressione, tuttavia, che il suo scetticismo nei confronti degli uomini di potere e delle vanità umane sia tentato dal sottile desiderio d’essere sorpreso, prodigiosamente smentito. Un pessimismo col beneficio del dubbio? Forse, è solo l’idea che la vita, suo malgrado, valga la pena d’essere – se non vissuta – perlomeno scritta.
Paola Baratto
Potrebbe sembrare banale o interpretato come dovuto, un mio commento a questo post, ma la cosa ha ben poca importanza. Devo confessare che ho molto apprezzato lo scritto di Paola Baratto, sia per come ha felicemente inserito un poco di spirito “MiB” ma ancor di più per la personale lettura che ha dato origine alla parte finale “Si ha l’impressione, tuttavia, che il suo scetticismo nei confronti degli uomini di potere e delle vanità umane sia tentato dal sottile desiderio d’essere sorpreso, prodigiosamente smentito. Un pessimismo col beneficio del dubbio? Forse, è solo l’idea che la vita, suo malgrado, valga la pena d’essere – se non vissuta – perlomeno scritta.”
Davvero grazie per questo tuo intervento Paola …