Questo è un post un poco anomalo rispetto a quelli che si susseguono sul blog. E’ una riflessione che nasce dalla cronaca quotidiana, dalle mozzarelle blu alle ricotte rosse, dal latte congelato di origine brasiliana ai risultati dei controlli che la Coldiretti attua da qualche tempo alle nostre frontiere con risultati, come realtà constatata, sconfortanti. Non vuole essere però l’ennesimo grido di dolore per le offese che tali situazioni, e sottostanti comportamenti, recano alla produzione agroalimentare del nostro paese, produzione che lo colloca, lo potrebbe collocare, da un punto di vista della qualità e della varietà dell’offerta, ai vertici mondiali. Piuttosto un tentativo di analisi dei nostri comportamenti, o più ampiamente di quelli dei consumatori italiani: a prima vista appare una certa schizofrenia, da una parte grande – apparente? – attenzione ai nostri prodotti “bandiera”, il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano, la Bresaola, la nascita di millanta trasmissioni, magazine, blog, dedicate al cibo … Dall’altra acquisti fatti senza particolare attenzione, senza dedicare – quanti secondi? – un poco di tempo alla lettura delle etichette, a piccole considerazioni su un prezzo che non sia unicamente quello della sua entità. Giudicare una realtà distributiva quasi esclusivamente su questo piano significa assecondarne ciecamente le strategie di vendita, accettarne supinamente le scelte strategiche: non mi scandalizza tanto il colore più o meno “pittoresco” di una mozzarella, contaminazioni possono accadere anche all’interno delle più controllate produzioni (anche se eccezionalmente e per pura casualità), piuttosto l’universo, i retroscena, che questi “incidenti” hanno fatto emergere. Nomi di fantasia che riecheggiano paradisi incontaminati, fresche vallate alpine, un Made in Italy con tutte le carte in regole insomma, nonostante il paese d’origine sia la Germania, oppure produzioni locali che di locale hanno uffici e stabilimenti ma non il latte che a quanto dicono è elemento principe per la produzione di formaggi e altri derivati …
Tante persone poco si curano, o poco conoscono, questi aspetti, oppure con un’alzata di spalle o uno sguardo rassegnato dicono che “tanto è comunque formaggio no?” oppure “noi non possiamo permetterci altro”. Il mio, credo anche il vostro, massimo rispetto per chi deve veramente fare i conti con il centesimo, ma un rapido sguardo ai beni di consumo più gettonati obbliga, quantomeno, a operare dei distinguo. Chi mi frequenta ha senz’altro sentito questo aneddoto, assolutamente vero peraltro, che racconto con piacere frammisto a sconforto. In viaggio per raggiungere la famiglia, avevo deciso di acquistare qualche formaggio per completare il pranzo che mi aspettava: ero in Valle Camonica in compagnia di una cara amica e di suo figlio che lì vivono e alla mia domanda “Dove andiamo a prendere dei buoni formaggi da portare a mio suocero?” risposero, prontamente e all’unisono “Ma al centro commerciale ……..”. Non dubito che spulciando qua e là tra le proposte avrei trovato qualcosa di piacevole ma era il riconoscere un’unica possibilità che mi aveva lasciato sconcertato. Per i curiosi dirò che mi ricordai di un piccolo negozio che da anni selezionava formaggi dei dintorni, compresi i caprini delle Frise … Il loro commento fu “Ah è vero, non ci avevamo pensato …”. Forse che ancora una volta il principale imputato è un problema “culturale”, fatto di abitudini, di passività, di scarsezza o assenza d’informazioni? Del venire meno di una tradizione trasmessa alla propria discendenza come parte integrante della propria identità territoriale? Probabilmente di tutto questo e di altro ancora, ma mentre noi riflettiamo, la non conoscenza continua a mietere le sue vittime.
“… mangiare o non mangiare è una questione di soldi, mangiare bene o mangiare male è una questione di cultura …”
Frammento di memoria da un libro di Manuel Vázquez Montalbán
Buongiorno.
Non mi stancherò mai di sottolineare la questione ‘olio extravergine’: una specie di imparaticcio di tutte le anomalie, disfunzioni, gli autolesionismi, il disprezzo per ciò che di meglio abbiamo, emblema dei tradimenti perpetrati alle spalle di un consumatore ignaro (e ignorante) che non ri-conosce i sapori.
Troppo lungo (e pericoloso, oltretutto), elencare e dettagliare. Ma l’olio è certo l’esempio più macroscopico di come si possa ‘buttare via’ un prodotto straordinario, ricco di sapori e di qualità organolettiche uniche, potenziale fonte di reddito per i piccoli e medi agricoltori (quelli che fanno paesaggio e turismo), presidio della cucina mediterranea. Usurpato dall’industria che usa i claim che sarebbero propri (ed esclusivi) di chi coltiva, raccoglie e frange, per pubblicizzare prodotti che contengono di tutto fuorché ciò che viene coltivato, raccolto e franto in Italia…
Direi, Silvana, che mi trova del tutto concorde eleggendo l’olio extravergine d’oliva a “simbolo” di quanto male si possa fare a un prodotto bandiera del nostro paese. Del resto per la grande distribuzione organizzata l’olio extravergine è articolo di richiamo per eccellenza, accanto ad altri prodotti come lo zucchero, il parmigiano reggiano … Ma ribadisco che non sarebbe possibile far accettare tali proposte se ci fosse più conoscenza e conseguente capacità critica da parte del consumatore, certo unite a etichette chiare ed esaustive: nessuno vuole vietare la possibilità di scelta, anzi … ma questa dovrebbe reggersi sul maggior numero d’informazioni possibili attorno a quella referenza. Purtroppo a rendere più facile il proporre prodotti senza storia e identità concorre l’attitudine riassumibile in “ma tanto è olio …” Sì tanto è olio, è prosciutto, è formaggio … e chiedersi “quali”?
Mi pare, però, che lentamente qualcosa – tra i consumatori – si stia muovendo. La richiesta di ‘verità’ cresce, tra le persone più informate. La rete può fare molto in questa direzione… prima che si trovi il modo di circoscrivere e limitare l’informazione.
Grazie per affrontare questi argomenti!
Non è retorico o semplicemente formale rispondere grazie a te (mi perdonerai ma il tu ora mi pare quasi obbligo), grazie perché un blog si regge sul dialogo, che di gente autoreferente e delirante ne abbiamo sin troppa, e l’idea MadeinBrescia ha bisogno di persone, è costruita e s’interessa di persone. T’invito quindi a continuare questa tua presenza, a parlarne con altri, a discuterne, a muovere giuste critiche quando ti parrà opportuno. Ora mi prenderò, ci prenderemo, un paio di settimane di stacco ma prima un paio di post di cui uno, a cui tengo particolarmente, dedicato a Michele Valotti della Madia di Brione: penso ti piacerà e potrà servire da base per nuove e interessanti riflessioni.
Auguri per uno ‘stacco’ propiziatorio!