Nel nostro blog abbiamo già parlato di olio extravergine di qualità e mi sento di consigliare una rapida e preliminare lettura di L’oro verde della provincia bresciana o del primato della qualità sulla quantità e di Primeterre o il bello di un blog compresi i commenti di quest’ultimo, per meglio capire e apprezzare l’impegno e la passione che caratterizzano le figure protagoniste dei prossimi due post. Mi limiterò qui a ricordare come la produzione di olio extravergine d’oliva del nostro territorio (Garda e Sebino), territorio che vede l’olivo crescere e fruttificare a latitudini “limite” per questa pianta, è sensibilmente inferiore all’1% di tutta la produzione italiana. Pare di conseguenza più che logico affidare alla qualità, intesa sia come percezioni organolettiche che come salubrità del prodotto, il compito di rendere identificabili e commercialmente interessanti gli oli prodotti nel bresciano. Compito che se facilmente comprensibile non appare altrettanto facile … la percezione della qualità di un olio è ancora appannaggio di una fascia ristretta di consumatori (perdonatemi per l’utilizzo un termine che non amo particolarmente): ancora da molti l’olio è visto come un semplice condimento per insalate più o meno complesse, paste o risi “in bianco” come alternativa dietetica al burro, e grasso per alcune fritture. Già in pochi ne apprezzano una presenza più incisiva sulla classica bruschetta (ma aglio e altre aggiunte ne rendono difficile la percezione) o su una semplice fetta di pane. Non parliamo poi di considerarlo come ingrediente vero e proprio, capace di dialogare con le altre componenti di un piatto sino a diventarne, se desiderato, protagonista indiscusso. Si apre allora un possibile mondo dove le sensazioni tattili e organolettiche di una carne, di un crostaceo, di una particolare verdura trovano combinazioni assolutamente originali e felici con un olio piuttosto che con un altro. Posso affermare, con personale soddisfazione, che buona parte del merito nell’avere spalancato le porte di un universo gustativo spetta a Luigi Veronelli, inimitabile figura del mondo enogastronomico italiano. Come per l’uva, fece capire dai primi anni 2000 quale potenziale ricchezza era contenuta nelle cultivar italiane: più di 500 rispetto, solo un esempio, alle 50 – 70 di Spagna e Francia, senza contare le variazioni che microclimi diversi possano dare a ogni singola cultivar. Utilizzarle di conseguenza per produrre oli monovarietali poteva innescare una crescita del settore paragonabile a quella del vino: non più e genericamente l’olio ma “quell’olio”, sia di Frantoio che di Tonda Iblea, ciascuno con caratteristiche del tutto peculiare, adatto a “matrimoni” d’amore con “quel cibo” e non semplice lubrificante per distratte papille.
Veronelli per essersi buttato a capofitto in quell’impresa, atteggiamento che peraltro era il solo a lui possibile, fu oggetto di pesanti critiche specie quando nei suoi scritti, dapprima improvvisamente orfani di pubblicazione, iniziò a dire apertamente che ” … le multinazionali alimentari: acquistano le olive, quasi sempre pessime, di tutto l’arco mediterraneo, le frangono alla brutto dio, correggono quel che n’esce con artifizi millanta se non con la “chimica”, lo mettono in bottiglia in uno stabilimento c’abbia fondamenta italiane … oplà, ecco negli scaffali: l’olio italiano. Prezzo? Metà della metà del costo di un olio prodotto con olive, sane davvero italiane.” Ora la legislazione è cambiata e quel “trucco” pubblicamente svelato, non è, a norma di legge …, più possibile ma tanta strada rimane ancora da percorrere. Senza mezzi termini ricordava, sempre in quegli scritti (era il 2002), che “su bottiglie di “extravergine” venduto a 2,5 euro, o addirittura meno, troviamo impressa la dicitura “olive raccolte con brucatura a mano” … Gli oli venduti a prezzi impossibili nei supermercati sono frutto di lavoro in nero sottopagato, olive avariate e inquinate raccolte con le ruspe, correzioni “chimiche” di olio lampante e altro ancora.” Ripeto qualcosa è cambiato, vedi i metodi di raccolta dove possibile meccanizzati e rispettosi dell’integrità dell’oliva, ma prezzi impossibili sono ancora all’ordine del giorno, magari sostenuti da campagne pubblicitarie virtuose e rassicuranti, come sono possibili le sofisticazioni riportate dal sito dell’Arma dei Carabinieri, nella parte dedicata all’informazione tematica del cittadino
Provate allora a visitare una delle buone aziende produttrici di olio extravergine nella nostra provincia, ce ne sono e non poche, chiedete di degustare i loro prodotti – la maggior parte ne sarà felice -, parlate con chi ve ne illustra le caratteristiche, fate domande, siate curiosi e troverete sensazioni probabilmente inaspettate. Acquistate poi quello che vi ha convinto, magari un paio di bottiglie, non lasciatevi intimorire da un prezzo necessariamente diverso da quello di alcuni oli presenti negli scaffali dei discount, ma anche in qualche piccola bottega distratta o agonizzante, ma ricordate che ne basterà poco per rendere “vivo” un piatto, una semplice, lo dicevo prima, fetta di pane. Ne guadagneranno, paradossalmente, il vostro portafoglio, la vostra salute e, sicuramente, il vostro senso del buono.
I testi di Luigi Veronelli qui citati compaiono nell’introduzione al volume L’OLIO E LA VERA BUONA CUCINA – 2002 Veronelli Editore
Ben scritto Carlos.
Nell’acquisto dell’olio di oliva io mi oriento cercando di seguire le seguenti regole:
-acquistarlo direttamente dal produttore.
-olio extravergine di oliva
-olio estratto in Italia da olive coltivate in Italia
-ottenuto dall’estrazione a freddo di olive raccolte a mano
-prodotto biologico
-spremitura a freddo
-prezzo non inferiore agli 8 Eur/litro
Una volta acquistato deve essere conservato in un luogo fresco e lontano dalla luce. Le bottiglie scure proteggono dalla luce.
Una volta aperta la bottiglia, deve essere richiusa e consumato in tempi rapidi per limitarne l’ossidazione. A volte preferisco comprare bottiglie da mezzo litro per consumarlo in tempi più rapidi.
Nel consumare l’olio di oliva, bisognerebbe sempre cercare di non farlo friggere ed aggiungerlo sempre a freddo sugli alimenti.
Dimenticato qualcosa?