Ma è sagra?

Non necessita essere fini latinisti per intuire che il termine sàgra deriva dal latino sàcra, ovvero di cose sacre, funzioni o feste religiose. Più dizionari, lo Zingarelli ad esempio, riportano come prima definizione quella di “Festa nell’anniversario della consacrazione di una chiesa” e come seconda (estensivamente) quella di “Festa popolare con fiera e mercato: la sagra del villaggio …”. E’ quest’ultima definizione, in particolare se legata a un cibo, a una vivanda, che nel corso degli anni si è via via allargata sino a rendere difficile e controverso capirne il senso e le finalità. Così, nel variegato panorama delle “sagre”sono apparse manifestazioni di dubbio collocamento come “La sagra della Nutella”, quella della “Brioche con gelato”, la ” Sagra della focaccia di Recco” … a Sondrio o la “Sagra del fritto di Camogli” … a Biella. Per concludere questa breve disanima, sulla pagina facebook del Prof. Michele Corti, di cui parleremo tra poco, ne sono apparse davvero di bizzarre come: “Mens sana in corpore sana,” Bayeriche Fest”, “Barbecue Under the stars”, ” Cucina con Fusion” tutte tenute a Cortona e riportate da Stefano Mariotti.  Sotto il termine di sagra trovano ormai rifugio eventi commerciali, con scarso o nullo contenuto culturale, che hanno in un momento di aggregazione del tutto effimero la loro unica ragion d’essere. E la nostra provincia non è scevra da questa contaminazione che non sarebbe tale se non si arrogasse il merito di voler comunicare qualcosa, di avere delle radici, anche labili, nella storia e nella tradizione del luogo in cui si tengono e non pretendesse di vivere anche grazie al contributo delle amministrazioni locali. Così diamo spazio con sincero piacere a una breve introduzione di Michele Corti, docente presso l’Università degli Studi di Milano dove insegna Sistemi Zootecnici e pastorali montani, che sul suo sito Ruralpini pubblica   il Manifesto della Sagra Autentica, documento costruito in più punti che costituisce, quanto meno, una solida base per iniziare un serio dibattito sull’argomento. Michele Corti  ha  inoltre aperto una pagina facebook dedicata: ” Sagre: valorizziamo quelle autentiche

Sagra del Bitto

 

Sagra delle patate di Monno

“Lo  scorso anno si era costituito un gruppo di lavoro sulle sagre coordinato da Davide Paolini.  Il gruppo, attraverso un dibattito serrato, è riuscito a trovare un accordo stilando un documento in 7 punti che traccia una linea di discrimine tra la sagra autentica e le tante ‘tarocche’. …”

Michele Corti

MANIFESTO DELLA SAGRA AUTENTICA

1. La sagra è parte integrante dell’identità storica di una comunità e di un paese: è da intendersi come connubio perfetto tra l’autenticità gastronomica e le tradizioni del territorio da cui questa proviene. È espressione della cultura materiale del territorio e ha come obiettivo la salvaguardia, la diffusione e la promozione del patrimonio territoriale:    in essa si intrecciano gastronomia, cultura, tradizione ed economia.   Perché una sagra si possa definire “tradizionale” deve possedere almeno un passato di legame tra il prodotto e il suo territorio, documentato da tradizione orale e scritta. Tutte le iniziative culturali previste dalla sagra, infatti, devono riflettere l’obiettivo primario della sagra virtuosa, ovvero esprimere cultura e tradizione.

2. Il cibo, il consumo collettivo e rituale di determinati prodotti carichi di valori simbolici è il motore propulsore della sagra.   Il tipo di alimento, il modo di prepararlo e di consumarlo rimandano ad un passato di vita comunitaria e a una cultura alimentare percepita come segno di identità. Per questo la sagra deve somministrare piatti e ricette che abbiano come ingrediente principale il prodotto di cui si fa promotrice.  

3. La sagra non ha finalità speculativa. Non è uno strumento di business e profitto, ma un veicolo di valorizzazione del territorio e della comunità. In questo modo la sagra diventa un’occasione per la comunità locale (operatori commerciali e non) per riflettere sulle proprie origini e sulle proprie risorse. La sagra deve garantire al meglio la tracciabilità, la divulgazione, la conoscenza dei propri prodotti e la trasparenza fiscale. La  sagra va intesa come un’opportunità per il territorio: favorisce il miglioramento dell’immagine della comunità, l’orgoglio di una comunità di riuscire a sostenere un evento, di sviluppare nuove conoscenze e capacità, di stimolare lo spirito di partecipazione, aggregazione, amicizia e appartenenza.   E’ uno strumento con cui far conoscere giacimenti dimenticati, ma anche borghi, musei periferici, centri storici, chiese e abbazie. a sagra può costituire anche uno strumento di ricchezza economica nella misura in cui è in grado di realizzare servizi a favore della comunità locale.

4. La sagra promuove forme di socializzazione e sviluppo collegate alla cultura del cibo locale. Essa risponde al desiderio delle comunità di avere spazi di convivialità e socializzazione. Coinvolge tutto il  territorio e le numerose realtà produttive e commerciali locali, nonché i vari operatori del settore enogastronomico, quali produttori, artigiani, cucinieri, ristoratori e baristi. Il benessere e la soddisfazione di tutte le fasce della popolazione, sono essenziali per una sostenibilità nel tempo della manifestazione. la   valorizzazione di un prodotto risulta efficace e con ampie ricadute economiche – durature – a vantaggio degli operatori locali, quando viene considerata in una dimensione collettiva, partecipata e condivisa sul territorio e non quando viene concepita tramite azioni estemporanee e promosse dai singoli soggetti anche se legati alla filiera e alle istituzioni. a dialettica tra i contesti favorirà naturalmente un intrecciarsi di creatività e tradizione, contribuendo a trasmettere che il folklore non è fossilizzato, ma in continua evoluzione e rielaborazione.    Si auspica quindi il coinvolgimento della comunità nelle attività organizzative, invitando gli abitanti a prendere parte a comitati; incentivando aziende locali e amministrazioni al supporto finanziario e tecnico.

5. La sagra deve svolgersi in un periodo limitato di tempo, deve essere legata a cicli di produzione e consumo e non può avere durata superiore ai sette giorni. Deve avere luogo nel territorio di origine del suo prodotto, ricetta o trasformazione tipica, in locali e ambienti idonei per la somministrazione che siano ben inseriti nel contesto paesaggistico, anche valorizzando strutture e ambienti tradizionali.   Può svolgersi in contesto urbanizzato o in ambito rurale. Può anche prevedere eventi centralizzati ed eventi dislocati presso luoghi di produzione, osterie, ristoranti, enoteche e trattorie, creando una sinergia tra tutti gli attori pubblici e privati coinvolti nella sagra.

6. La sagra è organizzata e gestita da associazioni senza scopo di lucro, che in concorso con altri soggetti portatori di interesse a livello territoriale, operano con continuità allo sviluppo e alla promozione della stessa attraverso un comitato.  Gli organizzatori della sagra, perché questa possa definirsi tale, devono monitorare che i compiti relativi alla sicurezza degli ambienti e alle norme igienico sanitarie siano svolti con professionalità e responsabilità, assicurando competenza e preparazione del personale volontario.   Devono quindi affidarsi a volontari competenti, che si assumano la responsabilità dei compiti affidati. Gli organizzatori devono inoltre impegnarsi a tutelare i volontari coinvolti a livello assicurativo. Il  personale ha come obiettivo divulgare informazioni e approfondimenti, ma anche educare i visitatori e sensibilizzarli. Deve possedere competenza, ed essere in grado di dare informazioni corrette sul prodotto, raccontare aneddoti sulla sua storia ed esprime il legame sensoriale con la sua terra.   Gli eventuali utili debbono essere reinvestiti in attività a favore della tutela e valorizzazione del patrimonio culturale immateriale.  

7. La sagra deve rispettare il proprio territorio, facendo attenzione all’impatto ambientale e curando in particolare strutture, uso di detersivi biologici e smaltimento rifiuti.  Piatti, bicchieri e posate utilizzate in strutture pubbliche devono essere in materiale riutilizzabile, biodegradabile e di riciclo, o di uso comune e tradizionale sul territorio. Deve essere realizzata la raccolta differenziata. Lo smaltimento di liquidi e gas nocivi deve avvenire secondo le norme di legge. La sagra virtuosa, deve quindi dimostrare di intraprendere un percorso educativo anche in campo ambientale ed ecologico.

Montecatini (PT), 24 settembre 2010

Davide Paolini (coordinatore)

Edi  Sommariva (direttore generale della Fipe)

Claudio Nardocci (presidente Unipli/Pro Loco)

Alberto Lupini (direttore “Italia a Tavola”)

Esmeralda Giampaoli (presidente di Fiepet Confesercenti)

Zelinda Ceccarelli (Uff. Promozione Agricola prov. di Arezzo)

Alessio Cavicchi (Università di Macerata)

Michele Corti (Università di Milano,  “Ruralpini”)

Loris Cattabriga (Presidente Associazione “Sagre e Dintorni”)   

Le fotografie sono una gentile concessione di Michele Corti, sul sito Ruralpini si trova il testo integrale del Prof. Corti a commento del Manifesto.

4 commenti Aggiungi il tuo

  1. adriano ha detto:

    L’iniziativa è di grande interesse; l’Associazione “Oltre il giardino” di Napoli (www.oltreilgiardino.org), in collaborazione con Anfosc (www.anfosc.it) e Caseus ne farà oggetto di approfondimento al prossimo c.d.a. del 9.10.10 dando incarico al sottoscritto di censire le Sagre campane che rispondono ai punti programmatici del manifesto.
    Auguri e buon lavoro

  2. Carlos Mac Adden ha detto:

    In tempo reale una segnalazione su cosa, alla luce di quanto detto nel post, non sia certo una sagra: https://www.facebook.com/ProBodioLomnago/photos/gm.707319552649433/10152320371574053/?type=3

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