“Pochi prodotti hanno, come questo, una tipicità così ufficialmente documentata.” ATLANTE DEI PRODOTTI TPICI I SALUMI – INSOR
Era ormai per me un obbligo ritornare su questo prodotto camuno, derogando un poco su uno dei principi fondanti di questo blog, ossia il ruolo centrale delle persone rispetto alle cose. Non che qui, come vedrete, manchino le prime ma non ho a disposizione la classica foto con cui iniziare il post e le restanti illustrano pressoché unicamente lei, la Salsiccia di Castrato di Breno. Parlavo di obbligo per rimediare a una mia imprecisione, nata in un precedente commento e generata dalle informazioni che in quel periodo avevo a disposizione: diciamo subito che questo inconsueto salume a base di carne ovina è a De.Co. unicamente nel comune di Breno, e non in quelli di Berzo Inferiore, Cividate Camuno e Malegno, nei quali era stata effettivamente avviata la richiesta per la denominazione che accettata in un primo momento veniva successivamente annullata. La De.Co. brenese, riportata da Riccardo Lagorio nel suo Viaggio nell’Italia a Denominazione Comunale, risale al 2006 e trova il suo massimo interprete nella Macelleria Pedersoli dove mi sono recato sull’onda del Mese della Salsiccia segnalatomi da Paolo Bonassi, titolare di una cartoleria nel centro di Breno e attento divulgatore di usi, costumi e tradizioni locali – utilizzo questo spazio per ribadire la nostra disponibilità per ogni progetto vada in quella direzione -.
Carne ovina dicevamo, base imprescindibile della salsiccia di castrato e carattere fondante della De.Co. anche se per varie ragioni di questo prodotto esistono, ahimè, tante varianti. Ci confidano i Pedersoli, Pino e il nipote Enrico, che pur producendo l’autentica salsiccia a norma di De.Co. sono pressoché obbligati a proporne anche una versione “addomesticata”, sia per ragioni di gusto, anche se personalmente ritengo che se realizzata a regola d’arte la salsiccia di puro ovino ha gusto caratteristico ma delicato, che di prezzo … Pare che una fetta di consumatori locali non sia disposta a spendere, pochi davvero, euro in più per assicurarsi il prodotto “puro” e preferisca quello in cui accanto alla materia prima fondamentale compaiono carni bovine e/o suine che, sempre a mio personale giudizio, lo banalizzano avvicinandolo di più ad altri più comuni insaccati. Questa è la prima volta che affronto in modo diretto il problema del costo di un “buon” prodotto, problema sul quale si aprono ogni giorno infiniti, e spesso inconcludenti, dibattiti. Innanzitutto l’area di costo al consumatore finale della nostra salsiccia si colloca tra i 6 e gli 8 euro al kg, non parliamo quindi di esorbitanti quotazioni ma di una fascia accessibile alla totalità dei potenziali acquirenti anche se, e qui mi spiace sfatare idilliache visioni di ovini brucanti nei verdi e primaverili pascoli camuni, la maggior parte delle carni non viene dal territorio bresciano ma da altre parti d’Italia e, niente scandali per carità, d’Europa. Non è in questo caso e per realtà artigianali come quella dei Pedersoli, che di questo prodotto hanno giusto vanto, il desiderio di rispondere a un mercato avido di quantità piuttosto il dover fare i conti con i prezzi richiesti dagli allevatori locali che porterebbero il costo finale sensibilmente al di sopra della fascia prima indicata con un’ulteriore penalizzazione da parte degli acquirenti.
Un poco di storia: ” La ricetta, secondo le testimonianze dei fratelli Pedersoli, è stata inventata da Pietro Rizzieri,alla fine dell’Ottocento.Nel 1922, lo stesso insegnò la sua ricetta a Giovanni Pedersoli detto “Signur del Doss”,il quale iniziò la produzione su più vasta scala, portandola nei vari paesi della Valle Camonica da Edolo a Lovere. Quando cominciarono ad apparire i primi tritacarne a manovella, Pedersoli in località Broli, collegando il tritacarne al mulino del signor Giacomelli, riuscì ad incrementare la produzione della salciccia di castrato, risparmiando così tempo e fatica. L’impasto secondo la più antica tradizione, era composto almeno all’origine, con carni di agnelloni (maschi castrati) e pecore a fine carriera. Questi ovini, erano generalmente della tipica razza Bergamasca, … Di aspetto grossolano, ma molto resistente al clima, alle malattie e ad un’alimentazione anche povera, questa razza era ed è diffusa nella nostra Valle ed in quelle limitrofe.Per capire questo caratteristico prodotto, bisogna … ricordare che la pastorizia ha avuto per lungo tempo una grande importanza nella Valle Camonica, e tuttora in tutte le zone e regioni montane è un sistema di allevamento abbastanza diffuso, … Le carni … dei … maschi castrati e delle pecore a fine carriera, oltre ad essere vendute nelle “beccherie” (macellerie) veniva anche usata per la produzione di salsiccia che venne così definita di castrato.”

Vincendo l’incomprensibile ritrosia per tutto ciò che non rientra nella “normalità” delle cose, i salumi si fanno con i suini o al massimo, ahi loro, con i bovini come la bresaola …, la salsiccia di castrato è un insaccato magro, ottenuto dalla lavorazione accurata di Carni Ovine meticolosamente sgrassate (castrati, agnelloni e pecore) con l’aggiunta di Sale, Pepe tritato, Spezie, Aglio pestato nel mortaio, Potassio nitrato (additivo a norma di legge), Brodo non salato di ossa e carne ovina e con un limitato tempo di conservazione che non supera i 5/6 giorni. E’ quindi da consumarsi assolutamente fresca previa cottura (bollitura) per un tempo che dipende dalle sue dimensioni (diametro) e che oscilla solitamente attorno ai 13/15 minuti in pentola scoperta e acqua non salata. Il bollore deve essere sempre leggero per non rompere il budello e provocare la fuoriuscita del brodo interno, elemento caratterizzante della salsiccia di castrato che ne assicura consistenza e fragranza.

Contorni della tradizione sono la polenta, la purea di patate (magari la varietà San Carlo di Ossimo), gli spinaci lessati e ripassati con burro e la più moderna peperonata . Può essere consumata anche fredda, qui vedo molto bene l’ultimo contorno citato, o riscaldata con burro e salvia. Se vogliamo essere filologicamente corretti un buon rosso della Valle, non troppo robusto o invecchiato, può essere il degno abbinamento per questo salume da provare assolutamente.
piùtòşt dè tartine dè şalmù col bótér şpalmàt
prèfèrişé ‘n şìncunşì** dè şalşìşa dè cáştrát;
Silvano Ballardini da I mààrì dèla mama – La Cucina Camuna
** “sincù ”(cerchio di salsiccia).
Ringraziamo per fotografie e materiale di consultazione Pino Pedersoli , Enrico Pedersoli e Gisella Murachelli della Macelleria Pedersoli
mitica la salsiccia di castrato, credo che in provincia sia un unicum.
ottima accompagnata con le patate lesse, facile da preparare e di sicuro impatto, a patto che piacciano i sapori forti perchè se fatta bene sa proprio tanto di pecora.
a testimonianza dell’importanza della pstorizia in valle cito anche altre prepararzioni quali:
il cuz, piatto tipico dell’alta valle, soprattutto corteno, ottenuto con la carne della pecora autoctona (la pecora di corteno appunto)
la berna, carne di pecora essiccata sconsigliata a chi è munito di dentiera.
segnalo inoltre che da poco tempo in alta valle verso andrista un ragazzo ha ricominciato a produrre formaggio di pecora, interessantissimo!
ciao
Grazie del commento Enrico, la berna o bergna fa parte di quei salumi che si scontrano con l’appiattimento del gusto odierno ma se ben fatta, magari un poco ingentilita, può dare grandi sensazioni gustative. Quanto alla salsiccia di castrato ti garantisco che la versione “pura” dei Pedersoli può essere accettata anche da palati non abituati a gusti impegnativi, coniugando, come dicevi, piacere al consumo e facilità di preparazione. Quanto alla tua segnalazione inviaci qualche notizia di questo ragazzo o mettici in contatto con lui che ne parliamo volentieri.
decisamente un bel piatto la salsiccia di castrato, direi unico in un vasto territorio, voglio fare un accenno sulla carne della pecora, quella bergamasca sia essa di castrato o di pecora lascia in effetti un forte gusto, che a molti non piace, mentre la pecora di Corteno razza protetta autoctona della Valle Camonica è più gustosa al palato. Questa razza si sta imbastardendo con pecore di altre razze, così dicono alcuni pastori, credo si debba incentivare di più gli allevamenti della Pecora di CORTENO e tenerli sotto controllo. Circa l’utilizzo della Sbernia (carne secca) di pecora di cui faceva cenno Enrico Togni, consiglio, prima del consumo, di lasciarla in ammollo in acqua fredda come facevano i pastori camuni. Essa si riprende e diventa mangiabile anche ai possessori di dentiere. Questo tipo di procedimento di conservazione della carne era proprio in uso ai pastori,che non avendo possibilità di bollitura o salatura usavano , allorchè una pecora si feriva, macellarla a piccoli pezzi di carne e fatti essicare al sole e all’aria. Mentre se erano nei pressi di cascine o stalle cuocevano la pecora a piccoli pezzi nel suo grasso (da ciò il Cùz piatto tipico di Corteno Golgi)senza aggiunta di altri ingredienti e conservata nelle ule di terracotta, al bisogno veniva riscaldata con del burro. Visto fare dai pastori in val Gabbia sui monti di Bienno-Esine. Saluto Raffaele
Grazie per il commento e per le precisazioni Raffaele, proverò a girarlo al prof. Michele Corti di Ruralpini specie per quanto riguarda la tutela della razza autoctona. Per la carne secca io conoscevo i termini di “Bergna” o “Berna” e Andrea Bezzi a tale proposito mi aveva chiesto notizie su un dizionario della parlata Gaì: la “Slacadùra di Tacolèr” di G. Facchinetti del 1921, sai se ne è stata fatta qualche ristampa? Io ne ho trovato una copia digitale in rete ma il cartaceo possiede, per me, altro fascino .
Sul Cùz mi piacerebbe pubblicare qualcosa …
Buona sera, mi chiamo Sacchi Stefano, sono un produttore di salumi in Valle Camonica e produco da più di 40 anni la salsiccia di Castrato, prima di me, la produceva mio padre e prima di lui, era il povero sig. Tino Franzoni del Lanec (Lanico) di Malegno a produrla. La ricetta mi fu data dal sig, Tino che nel 1968 cedette l’attività a mio padre con l’intento di continuare la tradizione.
Io a distanza di tempo continuo a produrla in quantità limitate. Non sono qua a fare nessuna polemica di chi fosse la ricetta originale, ma per quanto ne so, c’era molta rivalità con le due macellerie di quel tempo (becherie) tra i Pedersoli di Breno e il Tino Franzù di Malegno. Quello che vorrei dire è questo: è molto tempo che ne parlo con persone dell’importanza di fare Gruppo sui prodotti veramente tipici della Valle Camonica, ma ho sempre avuto o risposte negative o teste sempre chiuse a idee nuove di mercato: tipo un consorzio della Salsiccia di Castrato, con ognuno la sua ricetta ma con l’intento di portare questo prodotto ad essere conosciuto in tutta Italia, nel Mondo sarei un pò troppo audace, ma mai dire mai, la carne di pecora è molto usata in molti paesi del Mondo e perchè no, poterla far conoscere ad altri? Ah, voglio precisare una cosa, nel 1983, mio padre presentò la salsiccia di Castrato sia nella versione pura e quella mista alla fiera dell’Agricoltura di Cremona, ci fu un concorso di salumi organizzato dal Professor Barberis Corrado dell INSOR Istituto Nazionale di Sociologia Rurale, fu premiato come uno dei miglior salumi tipici e poi fu intervistato anche dal Corriere della sera che dedicò un articolo a questo salume.
Non facciamo campanilismi su chi è stato a fare per primo la salsiccia di Castrato, ma uniamoci e produciamo un prodotto che potrebbe fare la differenza per il nostro territorio. Grazie
Buongiorno Stefano, grazie per il commento: visto il tempo trascorso le risponderò al suo indirizzo di posta elettronica ma inizio nell’assicurarle il mio interesse.