Per quanto mi è dato sapere non esiste un “cibo da strada” bresciano, o sì e magari se ne è persa la traccia nel tempo? E se davvero no, quali sono le ragioni?
Iniziava da questa riflessione, necessariamente concisa come vogliono i limiti di una pagina facebook, una rapida sequenza di commenti, più di una trentina nell’arco di un paio d’ore. Il cibo da strada, più d’uno nella rete i siti dedicati, è diffuso in diverse regioni italiane, per raggiungere in alcuni luoghi vette di piacere e inventiva uniche nel loro genere. Materie prime povere come frattaglie, pane, legumi, carni a comporre capolavori del gusto: pani ca’ meusa e lampredotto, arancini, gnummereddi e arrosticini, cecina, farinata e panizza. L’elenco potrebbe continuare a lungo in un rincorrersi di nomi che bastano da soli a catturare la nostra attenzione, in bilico tra curiosità e una memoria che si perde nei tortuosi percorsi del tempo, manca però qualcosa che ci sia possibile riconoscere come “nostro”. I primi suggerimenti parlano di cibi che tutti noi, lo spero vivamente, abbiamo assaggiato più di una volta ma che tranne rare occasioni mi paiono confinati nello spazio temporalmente angusto di fiere e sagre, non me ne vogliano i sottoscrittori del Manifesto della sagra autentica, peraltro riportato in queste pagine.
Raffaele Mor – l’unico che a memoria d’uomo mi sentirei di dire,sono le caldarroste nello scartoccio …
Marina Soragni – forse … pa’ e strinu’??
Vero, le caldarroste roventi abilmente messe in un cono di carta e l’immancabile pane ad avvolgere lo “strinù”, la salamella per i camuni, di suino o “misto”. Peccato non trovarlo, parlo del più robusto panino, per le strade, intermezzo certo più piacevole di alcune proposte studiate a tavolino e riprodotte con invidiabile precisione, e cupa monotonia, in ogni parte del mondo “civile”. Peccato ancora che non sempre qualità del pane e del suo contenuto siano all’altezza delle nostre aspettative. Le caldarroste poi ci portano, per eguale frutto di partenza, a un dolce in via d’estinzione di cui scopro commoventi dettagli:
Marina Soragni – e della patuna, che naturalmente possiamo trovare solo nel periodo autunnale, che mi dici?
LoScultore CivicaTrattoria – Sì direi la patùna col “toch”
LoScultore CivicaTrattoria – Veniva venduta con un piccolo pezzo in omaggio il toch e i ragazzi sceglievano la bancarella in funzione della dimensione del toch
LoScultore CivicaTrattoria – . .. nei ricordi di mio padre classe 23 … sostituiva la cena … e nelle sere più fortunate riuscivano a comprare il formato più grande “il tondo” circa 20 cm di diametro … ed era grande festa …
La patùna la si trova ora presso qualche nostalgico fruttivendolo, è opera di pochi, quasi unici forni che la preparano e distribuiscono nell’intera provincia. Credo sia la versione più semplice del castagnaccio, tale è la patùna, dolce povero a base di farine di castagne: non ho mai visto proporre la ricetta arricchita da uvetta, pinoli o qualche ago di rosmarino (e uno “scartoccio” di biline?). Sempre alla ricerca del nuovo, mi viene in mente l’attuale fortuna di sushi e sashimi, che peraltro adoro nelle versioni più autentiche e di maggiore attenzione all’assoluta bontà della materia prima, alcuni cibi paiono ormai lontani, obsoleti. Altri sono quasi scomparsi perché venuta meno la loro reperibilità:
Donatella Micheletti – e le bancarelle che vendevano i pesciolini fritti sul lago d’Iseo?
Carlos Mac Adden – … Comunque le castagne, caldarroste e patùna, e il pane con …lo “strinù” meriterebbero un posto su MadeinBrescia, come i pesciolini fritti @Donatella, che sono scomparsi perché sono scomparse le aole …
E per chiudere il brevissimo capitolo del pesce, e delle fritture …
Pablo Zucchi – ciao Carlos, anche se non strettamente bresciano aggiungerei il “bertagni”
Eccolo il bertagnì, baccalà rigorosamente con la “cola”, pastella a base di acqua e farina. Oltre al cibo però, è la dimensione e natura dei luoghi e delle sue genti a creare o meno i presupposti per l’esistenza, e la resistenza verrebbe voglia di dire, del cibo da strada, senza dimenticare regole, regolamenti, normative …:
Raffaele Mor – purtroppo (scatterà la polemica, già immagino), siamo un popolo così curioso e che vive la strada e le piazze così intensamente, che non ha bisogno di un cibo di facile consumo stradaiolo … altro che lampredotti , pani ca’meusa, panelle e quant’altro l’Italia offre …
Ezio Piccioli – la mancanza di capacità di vivere esperienze comuni se non si è della stessa scala o stessa cascina. Mangiare per strada è tipico di popoli “solari” , che vivono fuori casa, che socializzano le gioie ed i dolori. Francamente non ascrivo il popolo bresciano e più in generale padano a queste esperienze antropologiche. Qui vince la cultura del : “l’importante è che i vicini non lo sappiano” figuriamoci il livello di condivisione di esperienze importanti come la convivialità.
Davvero siamo tutti così? Forse l’evoluzione del cibo da strada è per noi il trancio di pizza consumato nel rassicurante interno di un centro commerciale? Questa è l’unica tipicità che ci è consentita? Dimenticandoci naturalmente che per una consistente percentuale di ragazzi americani la pizza è un’invenzione Made in USA …
Le fotografie, tranne le due ultime immagini, sono cortesia di Christian Penocchio
Ciao @MadeinBrescia, sono un appassionato di sagre bresciane e base di pane e salamina.
A Brescia e provincia vengono organizzate più di 1500 sagre ogni anno . Così mi sono detto tiriamo in piedi un sito con un semplice calendario: http://www.panesalamina.com . Spero di aver contribuito a valorizzare questa chiassosa e nostrana voglia bresciana di fare baldoria!! Complimenti per il vostro progetto, adesso vi seguo su twitter.
Buongiorno Mauri, grazie per i complimenti e per il link al tuo sito. Sulle sagre permettimi, senza nulla togliere alla tua passione, un commento: mi piacerebbe che le 1500 sagre esprimessero davvero, e prevalentemente, il “buono” della nostra provincia. A volte rimango perplesso di fronte a proposte e prodotti che o non hanno alcunché da vedere con il luogo che le ospita o sono davvero di scarsa qualità, facendo sorgere il dubbio che siano lì solo per far “cassetto” … Comunque ben venga la “chiassosa e nostrana voglia bresciana di fare baldoria” magari accompagnata da maggior attenzione per le tante e davvero interessanti proposte che il nostro territorio è in grado di offrire. Continua e seguirci e intervieni spesso: di questo abbiamo bisogno e piacere.
P.S.: ho inserito il tuo link nei Blog e Website di MadeinBrescia e utilizzerò oggi stesso il tuo calendario per inserire una notizia su fb e twitter …
mi piace che finalmente qualcuno parli di questi argomenti…ala fin fine è meglio un bel pezo di bertagni con un calice di bianco al “bianchi” il sabato mattina che tanti pseudo menù che sono delle sonore in……… Un unica dimenticanza..a brescia si serviva in ogni osteria anche la trippa in scodelle, qualcuno sta ricominciando a proporla….
Grazie per l’apprezzamento Bruno, parlavo giusto ieri della trippa in scodella … Se ha qualche indirizzo valido sarò felice di conoscerlo.
Il giovedì a pranzo la puoi mangiare alla taerna degli artisti in via gorizia. Un pranzo di lavoro che consiglio. uno dei pochi posti che fa cucina espressa. Il piatto lo apsetto un attimo ma è fatto al momento ( trippa a parte!!!)
Proveremo Bruno, grazie ancora …