Le botteghe color cannella

Mi capita con una certa frequenza di condividere con amici alcuni dei prodotti conosciuti attraverso gl’incontri di questo blog. Formaggi, vini, salumi, dolci … E una delle domande più frequenti, accanto alle espressioni di felice stupore che compaiono sul volto dei miei interlocutori, è “Dove l’hai trovato, chi te l’ha venduto”. Con pari frequenza la risposta è “Direttamente chi l’ha prodotto”. Ecco allora scomparire l’espressione di prima per far posto a una sorta di rassegnata accettazione.  “Ah ecco, certo uno non può far decine o centinaia di chilometri su è giù per la provincia per procurarsi questi, per carità buonissimi, prodotti”.

Non cambia molto l’atteggiamento se spiego che una parte di queste aziende sono presenti in più d’un mercato che in particolare al sabato può essere raggiunto senza grandi spostamenti. Pesa allora il sapere che lì si vendono tante cose, ma non tutte, che non è un ipermercato all’aperto dove passare senza soluzioni di continuità dal prosciutto al detersivo, dalla bistecchiera al parmigiano, dall’acqua minerale al sale per la lavastoviglie. Una recente conversazione svoltasi in gran parte su questi binari mi convince ora a scriverne. “Sai ci vorrebbero quelle botteghe di un tempo, magari tutte insieme però. Ora sono praticamente scomparse …”. Le abbiamo uccise anche noi, anche noi siamo stati i loro carnefici, erano inadeguate ai nostri tempi, alla nostra fretta, alla nostra distrazione.

Siamo dovuti arrivare sin qui, abbiamo dovuto iniziare a leggere titoli  allarmati, seguire trasmissioni che denunciavano lo stato delle cose in campo agricolo, o negli allevamenti intensivi per prendere un poco di coscienza. La rete ci ha aiutato, ci sta aiutando, perché frammiste a una pletora d’informazione, spesso caotica e improvvisata, si trovano notizie interessanti, indirizzi validi, utili consigli. Ma non siamo i soli responsabili, almeno non direttamente,  della quasi scomparsa di quella tipologia di negozio.

Ha pesato di certo la diffusione della GDO (acronimo che sta per Grande Distribuzione Organizzata), modalità distributiva che a Brescia nel 2009 contava 42 m² ogni 100 abitanti, il doppio di Bergamo, il triplo di Milano e al primo posto in Lombardia (Dati Centro Studi Unione Commercianti di Monza e Brianza). Altri dati rilevano che nel 1971, nella nostra provincia, esistevano solo 19 supermercati e che nel 2005 si era passati a 191 supermercati, 28 ipermercati e 67 discount con una media di 2,2 m² di negozi per abitante, allora record regionale e nazionale. Per venire ai nostri giorni il 3 febbraio 2011 un articolo della Stampa titolava “New York non vuole Wal-Mart – Uno studio dimostra che quando arriva il gigante della distribuzione la zona circostante si impoverisce.” Sulla mia pagina Facebook avevo commentato con un laconico “Ma va’?”. Sarebbe anacronistico e ancor di più utopico pensare a una distribuzione orfana della GDO, ma auspicabile l’esistenza e la diffusione di alternative, specie per quanto riguarda il comparto alimentare.

Non dimentichiamo poi, nel novero delle cause che hanno portato alla progressiva riduzione delle piccole botteghe, il cambiamento dei costumi alimentari, i sempre più pressanti regolamenti igienici, più che giusti ma talvolta maniacali e di non facile interpretazione, che via via indirizzano verso produzioni industriali, forse ineccepibili rispetto ad alcuni parametri ma penalizzanti sotto altri aspetti. Sono scomparse molte  realtà produttive che realizzavano una “buona qualità media” e la cui clientela era prevalentemente costituita da quei negozi di cui iniziamo a sentire la mancanza … La produzione pare essersi radicalizzata in due poli estremi: l’industria alimentare e l’artigiano coraggioso, come se tutto lo spazio intermedio si fosse volatilizzato. Tra tanta desolazione però pare di assistere a una ripresa, disorganizzata certo, fatta a macchia, per una realtà di cui le persone ritornano quantomeno a interessarsi. Peccato però che abituati a scendere dalla macchina e approvvigionarci di tutto, e di qualsiasi cosa, vorremmo che quel tutto fosse lì a due passi magari confortato da un’unica, rassicurante, insegna.

Le Botteghe color cannella è il titolo di una raccolta di saggi, racconti e immagini di Bruno Schulz (1892-1942) scrittore e pittore polacco, oggi considerato uno dei maggiori interpreti del Novecento. Nell’immagine La bottega del macellaio di Annibale Carracci (1560 – 1609)

Nel blog: Due cose, due parole, un filo (due) di malinconia.

8 commenti Aggiungi il tuo

  1. Sabato, con compagna e figlia, siamo partiti alla volta di brescia per fare spesa alla coop.
    purtroppo per alcuni prodotti non si può prescindere dalla GDO, ma si può sempre scegliere, si può scegliere una GDO che sia solidale, che sia attenta al consumatore e non solo ai propri bilanci, una GDO che offra prodotti ben fatti e ad un prezzo corretto, così abbiamo fatto noi.
    Siamo stati molto soddisfatti, inoltre l’essere scesi in città per la spesa è stata la scusa per farci un giro e passare una serata familiare, distensiva e rigenerante tra le bellissime vie del centro cittadino (speriamo che lo chiudano alle auto, ne guadagnerebbe un sacco).
    questo per dire che si può sempre unire l’utile al dilettevole, il sabato pomeriggio potrebbe essere impiegato, almeno una volta al mese, per fare la spesa in fattoria, la spesa direttamente dal produttore magari cogliendo l’occasione per approfondire la nostra conoscenza delle bellezze storiche. artistiche e naturali di cui la nostra provincia è piena.
    questo servirebbe ad illuminare le coscienze e a renderci più consapevoli di ciò che ogni giorno, ogni santo giorno, stiamo perdendo.

    1. Carlos Mac Adden ha detto:

      Alcuni aspetti del tuo commento, riappropriarsi della città, e del suo centro in particolare, conoscere direttamente alcuni produttori, magari presso qualche mercato se non direttamente nel luogo in cui opeano, mi trovano assolutamente d’accordo. Sono più critico invece sulle lodi quasi a senso unico riversate sulle Coop, sarà che ho letto Falce e carrello , il libro dedicato loro da Bernardo Caprotti fondatore e presidente di Esselunga.

  2. giorgio ha detto:

    “quei negozi di cui iniziamo a sentire la mancanza”… non sono l’unico a sentirne nostalgia… e credo allora che questo sia un segnale per me e quella “famosa” idea…

  3. roberte ha detto:

    Bello articolo, a Roma le piccole botteghe sono oramai rare…o meglio si trovano tante piccole botteghe gestite da indiani dove cè di tutto ( detersivo,alimentare etc) ma non possiamo parlare di qualità. Il problema sono le persone che vogliono la grande distribuzione per motivi di fretta , ma vorrebbero anche la qualità…..per avere prodotti di eccellenza senza ,per questo pagarli a prezzi fuori dalle tasche di poveri mortali, cè dietro un enorme lavoro la ricerca di piccoli produttori , pubblicizzarlo in modo correto e spesso il guadagno del piccolo commerciante e’ solo sopravivenza.
    Non si può avere tutto se si punta alla qualità, l’etica, e per finire alla sana alimentazione.

  4. ho abitato a Milano, undici anni or sono, la lasciai, e mi sono trasferita in Piemonte, tra Acqui Terme e Sassello, in un borgo in mezzo ai boschi, dove alleviamo capre e produciamo formaggio di capra, qui è tradizione, andar per cascine, per acquistare prodotti, direttamente in azienda, e mi sono stupita, domenica…che con la neve….che fioccava, sono arrivati due ragazzi da Pavia!! per noi è un grande onore, accogliere chi, considera l’agricoltura una cosa importante, per il nostro benessere.. noi siamo quello resperiamo…beviamo…mangiamo!! buon formaggio Patrizia
    P.s. il mio formaggio lo trovate vicino a Brescia a Gavardo da Orioli…mitico

  5. Carlos Mac Adden ha detto:

    Ho riportato il link di questo posto a seguito di un mio tweet che dice «#Avviso: chi piangerà sui social la scomparsa di un altro storico negozio di alimentari dal centro bresciano sarà da me sbeffeggiato.», sono passati 6 anni e mezzo da questo scritto ma nulla è cambiato e la morìa di piccole attività non è certo cessata. L’autocitazione mi serviva per attestare come da tempo dico, su certi argomenti, le stesse cose, nulli i risultati ma non posso cambiare quel che ancora penso.

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