Visualizzando le statistiche del blog è possibile ricavare che nei primi 10 posti dei termini più inseriti nei motori di ricerca figurano tre posizioni accomunate dal soggetto: i dolci bresciani. Nell’introduzione di un post dedicato alla Spongada avevo accennato ad altre preparazioni ma la frequenza delle interrogazioni in merito mi convincono a parlarne un poco più estesamente (chissà sia il desiderio inconscio di addolcire questi tempi …). Premetto che il dolce è il sapore dell’infanzia, della festa, e nelle cucine povere ci si è ingegnati per trovare modi capaci con poco di soddisfare questo bisogno che pare primordiale. Il primo dolcificante, di fatto, è stato il miele che solo attorno al 1500 ha visto venir meno il suo monopolio ad opera dello zucchero. Nella cucina bresciana, per quanto sia di mia conoscenza, non compaiono, o forse sono stati rimossi, dolci con il miele come protagonista, che permangono invece in altre zone, specie nel sud del nostro paese. Così accade anche nelle preparazioni più semplici: chi della mia generazione ha dimenticato il pane burro e zucchero servito come merenda, o andando più in là nel tempo il pane abbrustolito sulla graticola e condito con olio vino e zucchero. Oltre a questa presenza i dolci della tradizione sono contraddistinti dall’essenzialità della ricetta che spesso origina
preparazioni non proprio leggere, con la necessità di una tazza di latte, o di un bicchiere di vino, per essere più facilmente consumate (cosa che non leggerei unicamente come limite o difetto).
Partendo in ordine alfabetico troviamo il Bossolà, dolce lievitato a forma troncoconica con foro centrale, impasto a base di farina, fecola, zucchero, burro, uova, un poco di latte aromatizzato con un baccello di vaniglia, scorza di limone, un pizzico di sale – come sempre questo non è un blog di ricette ma di suggestioni, esistono varianti sia nelle dosi che negl’ingredienti -. Ricordo una fettina di Bossolà servito con un delizioso Brodo di Giuggiole, salsina dolce a base di giuggiole, mele cotogne, zucchero, vino bianco, limone e, ormai rare, uva vespolina o isabella. Anche qui troviamo diverse interpretazioni, l’importante che ne risulti una specie di marmellata molto morbida, giustamente dolce e, credetemi, davvero golosa. Il Brodo di Giuggiole mi rimanda, per la presenza fondamentale della frutta, alla Persicata, marmellata decisamente solida composta da pesche bianche (magari di Collebeato) e zucchero, portata a consistenza utile mediante cottura e tagliata dopo lunga “asciugatura” in parallelepipedi che vanno rotolati, ancora, nello zucchero. Un attento lettore di MadeinBrescia, Claudio Costa, aveva segnalato la “Persicata Molle cioè la purea di pesca de Cobiàt cotta con zucchero, succo di limone e buccia di limone”, l’utilizzo è paragonabile a quello del Brodo di Giuggiole. Ancora per le marmellate occorre segnalare la Cotognata, marmellata solida a base di cotogne che conosce versioni con l’aggiunta di scorze di agrumi nonché la presenza di essenza di
senape per diventare un accompagnamento a formaggi e bolliti. Per chiudere le ricette a base di frutta lavorata come dimenticare le Biline, castagne pelate ed essicate che venivano fatte rinvenire cuocendole nel latte o nel vino leggermente zuccherati.
Del Bossolà esiste una sorta di fratello valsabbino, lo Scalitù che una volta, ma non vale solo per questo dolce, veniva cotto in uno stampo doppio posto sotto la cenere. Proseguendo con il filone torte possiamo citare il Chissöl e la Torta di Rose, il primo dolce rustico segnato dalla presenza dello strutto nell’impasto, ad ingentilirlo uvetta fatta rinvenire nel Marsala e qualche candito, ma il Pellizzari ne riporta una ricetta essenziale, e
probabilmente più antica, priva di queste “delicatezze”, la seconda dolce lievitato, ora vanto di Desenzano, composto da tante “rosette” d’impasto che in cottura si uniscono in un’unica forma. Tralasciando preparazioni comuni ad aree più vaste del nord Italia – come la Torta di Pane che mi riporta la figura materna intenta a caramellare con attenzione lo
stampo, mentre in una pentola vicina riposa l’impasto di pane raffermo lavorato a lungo con burro, latte, zucchero, uova e uvetta passa – passiamo ai biscotti, anzi al “Biscotto Bresciano”: farina, burro, miele, zucchero, carbonato ammonico, sale fino, latte, uova e vaniglia. Pare che ultimamente sia cresciuto il numero di pasticcerie e panifici che, giustamente, lo ripropongono. Digressione per citare una crema leggera e profumata che anni addietro Alvaro Cerri – mi perdonerà ma io mi struggo ancora pensando alla Casa
di Bedizzole – proponeva a fine pasto con dei biscottini di frolla: la Mosa, latte, uova, zucchero e limone. E sulle ali del tempo via a ricordare Rosada , Rosata, Rüsumada vuoi aromatizzata con del caffè o del vino ma sempre con la base di uova e zucchero ben sbattuti per diventare spumosi.
Che qualche ristoratore coraggioso abbia voglia, semel in anno …, di riproporli?
Per chi volesse cimentarsi le ricette dei dolci presenti in questo post, e molte altre, sono reperibili in diversi ricettari già oggetto di attenzione in “Brescia in cucina e nei libri” parte I, parte II, parte III e parte IV. Naturalmente sono benvenuti i commenti che riportino tracce, ricordi di dolci sconosciuti ai più e patrimonio delle nostre terre.
Ciao ragazzi, complimenti per il blog. Io sto cercando di ricostruire la storia di alcuni piatti della cucina tipica bresciana…avete un libro da consigliarmi o sapete indicarmi a chi chiedere? queste cose mi servono per il progetto di valorizzazione del territorio al quale sto lavorando….anzi, andate a vederlo se vi va….parliamo di cucina (marginalmente) ma soprattutto di itinerari…. http://www.itineraribrescia.it
fatemi sapere per la storia dei piatti bresciani…grazie mille, Paola
Grazie per i complimenti e per il “ragazzi” … I libri di mia conoscenza, e che ritengo validi, sono riportati in calce all’articolo da te commentato: “Brescia in cucina e nei libri” parte I, parte II, parte III e parte IV. Il libro che più affronta la storia della cucina bresciana è, sempre a mio avviso, quello di Marino Marini a cui è dedicato un intero post. Buon lavoro e torna a trovarci.
P.S.: naturalmente visitato il sito e ammirato le splendide fotografie
Complimenti per l’articolo, una miniera di spunti anche di preparazioni che non conoscevo o avevo solo appena sentito nominare.
La nostra cucina bresciana è sottovalutata ma in realtà ricca di ricette interessanti e spesso seppur povere, molto ingegnose nel riuscire a sfruttare ingredienti che spesso oggi non si usano più o si trovano difficilmente.
Sarebbe bello se dei ristoratori si facessero ambasciatori di questi sapori dimenticati e poco valorizzati. Come non pensare, oltre ai più conosciuti spiedo e casonsei, alle mariconde, al cuz, ecc, ecc.