Ammettiamolo, nonostante cerimonie, presentazioni di vario tipo, coinvolgimento dei media, l’uscita delle guide dedicate alla ristorazione italiana pare aver perso lo smalto di un tempo, quando la loro attesa era quasi spasmodica. Il nostro paese ha problemi più pressanti, ci si chiede come realmente sarà l’ennesima gabella dopo l’ennesimo ritocco, quanto resterà in carica quel ministro o chiuderà definitivamente il negozio sotto casa, piegato ormai da mille difficoltà.
Senza parlare troppo poi, dei tanti food & wine blogger, io anche solo per esiguità di produzione non rientro più, se mai ne ho fatto parte, della categoria, e degli arcinoti, democratici e affidabilissimi (ironia? Solo un velo, un pizzico, un nonnulla) portali dove ognuno di noi, da Stuzzichino84 a GranellodiPepe (incrocio le dita sperando non siano nickname già utilizzati) è libero di giudicare, interpretare, vivisezionare eccetera eccetera qualsiasi locale gli passi per la mente.
Chi, bontà sua, segue un poco le mie dissertazioni, saprà che in ogni caso la leggera componente feticistica mi ha già costretto ad acquistarne alcune: confermata in questi giorni la triade dello scorso anno ossia Espresso, Gambero Rosso e Osterie d’Italia. Queste poche righe vengono «buttate giù» dopo una prima, rapida, lettura e la sensazione, anche se non mancano alcune novità, è mediamente quella del già visto, già sentito. Non credo seriamente che la responsabilità sia, se non in minima parte, da imputarsi alle guide stesse, quanto alla scarsità di un ricambio generazionale, specie in alcune categorie o ambiti della ristorazione. Aprire un locale nuovo, che abbia realmente qualcosa da dire, appare impresa sempre più ardua, complicata poi da un analogo ricambio nella clientela, alle prese con il momento che definire poco felice appare eufemismo e con un certo disinteresse per la materia.
Non inganni a tale proposito la pletora e il successo di trasmissioni dedicate al cibo che restano, non entro nel merito del loro livello, appunto trasmissioni, mentre nel quotidiano decidere di spendere una cifra importante, anche se corretta, per un pranzo importante è spesso problematico. Non dimentichiamo poi che a questi tempi appartiene un neologismo come «apericena» capace, certo resta un’ipotesi, di far impallidire un maestro come Carlo Emilio Gadda. Ero a questo punto sinceramente dubbioso nel rinnovare la piccola tradizione delle mie parole sul tema: sfortunatamente per voi hanno prevalso abitudine ed egocentrismo.
P.S.: come sempre la disanima riguarderà, per ogni guida, la sola provincia bresciana.
Sul blog: https://madeinbrescia.org/2012/11/05/brescia-nelle-guide-2013/