L’occasione un articolo di Eleonora Barbieri dedicato a Gualtiero Marchesi ed apparso oggi sul Giornale: «Odio i clienti ignoranti, la cucina non è per tutti». Premesso che il Maestro, almeno nel testo che appare pubblicato, non afferma di odiare chicchessia ma cita una frase di Henri de Toulouse-Lautrec « la cucina non è destinata agli incivili, ai rozzi e ai filistei» come risposta alla domanda su chi considerasse i clienti peggiori «Gli ignoranti. Dice …», e il titolista incaricato di comporre l’articolo rincara la dose con un «… i ristoranti non sono per i zozzi e gli incivili», dove il cambio, forse un refuso, di una vocale contribuisce probabilmente ad accendere gli animi, servisse…, di alcuni lettori inviperiti.
Di Marchesi posso dire, è riportato in questo blog all’interno del post Chi siamo, che effettivamente il regalo che mia madre mi fece 34 anni fa, l’allora appena pubblicato La mia nuova grande cucina italiana, segnò una svolta nel mio percorso all’interno della cultura enogastronomica. V’introdusse il metodo, la precisione, lo studio applicato a quella branca del fare umano che per molti oscilla tra il semplice passatempo e l’obbligo fisiologico. Scoprii ingredienti e vini di cui ignoravo l’esistenza, tempi di cottura per me inimmaginabili. Capii che oltre ai sapori e ai profumi delle vivande c’era il mondo delle consistenze, altrettanto interessante e degno di nota. Lo ritrovai, di persona e molti anni dopo, su una spiaggia di Laigueglia, cittadina ligure che lui frequentava d’estate, una conoscenza comune mi diede la possibilità di scambiare qualche battuta: musica, istruzione e, naturalmente, cucina. Marchesi, al mio citare un suo piatto, mi disse di essersi ispirato ad una ricetta contenuta nel libro di un autore anglosassone che descriveva tutte le specie ittiche del mediterraneo. Colsi uno sguardo di compiaciuta sorpresa quando risposi «Forse il mare in pentola di Alan Davidson?». Della sua cucina conosco, direttamente, poco, giusto qualche frequentazione, qualche piatto famoso (riso e oro, il raviolo aperto…), ma indirettamente ne è, a mio avviso, permeata tanta grande cucina italiana contemporanea. Aggiungo che ho avuto modo di toccare con mano, anzi sentire all’Albereta… Il frutto di un’altra sua grande passione, la musica, condivisa per anni con sua moglie e tutta la famiglia.
Un uomo di cultura, che ama spaziare, che è difficile inscrivere in un ritratto, sia pure articolato o efficace, che ha conosciuto momenti non facili per questo suo esplicitare sempre il suo pensiero, si trattasse di persone, guide, piatti o altro. Che non ho capito quando, in Italia, ha cercato di lanciare con scarso successo linee di piatti da lui firmati, sia sotto forma di surgelati pronti che di stoviglie… Come non molto tempo fa dal suo accettare che il suo nome si legasse a quello di McDonald’s tramite l’ideazione di due panini e un dessert (anche qui, guarda caso, senza grande successo). Ma il Maestro resta tale, senza alcun dubbio: ultimo piacevolissimo e un poco commovente incontro la cena per il suo addio alla ristorazione bresciana con lui circondato da Stefano Cerveni, Maurizio Rossi, Vittorio Fusari, Philippe Léivellé, Giovanni Cavalleri… Mi scuso per eventuali dimenticanze e assicuro che l’ordine è del tutto casuale.
Lascio ai lettori il testo dell’articolo per condividere invece alcune frasi velocemente tolte dai tanti commenti che il personaggio, e le scelte dei titoli, hanno sollecitato, spero soltanto che tutti lo abbiano letto integralmente e non siano, ahimè, rimasti a questi ultimi. Di là dalle opinioni personali leggo non poche frasi di una banalità disarmante, infarcite di luoghi comuni, di sentito ma non provato (se provato ancora più sconfortante la cosa). Ne riporto poche, con la convinzione che da lì escano alcune delle recensioni che rendono famosi alcuni siti ad hoc, tralascio quelle scritte con un italiano talmente rozzo, ebbene sì anche questo, da renderle non intellegibili.
«Per me questi sono sempre sguatteri da cucina,si impalmano medaglie e fanno pagare il mangiare,(se quel poco che danno si chiama mangiare, presto metteranno le cartoline) come i profumi.. . Chiudo e oggi mi faccio due spaghetti al ragù di carne senza porcherie dentro. Che sia lui a mangiare coniglio con gamberi sardine zenzero,odori dalla cina e baccalà affumicato.Ribrezzo.» Sarei curioso di sapere se questa persona ha mai letto le riflessioni di Marchesi sul ragù di carne contenute in Oltre il fornello. Ma, presumibilmente, chiedo troppo.
«eccolo! … quelle cacchette che mettete nei piatti a 2 euro al grammo è servito solo ad arricchirvi (senza nessun merito) e ad avvelenare la gente con tutti i grassi e le spezie che infilate dentro, il migliore di voi non sa cucinare una semplice pasta e fagioli.» Qui il commento al commento diventa arduo, inutile… Si è tentati di lasciare questa valle di lacrime ingerendo cinnamono, macis e anice stellato in dosi omeopatiche.
«Quanto rimpiango quei buoni piatti “poveri” che la mia povera nonna mi preparava. Che buoni odori che emanavano e che sapori, il tutto poi tramandato a mia madre. Ora questo “Chef stellati”, credono che scombussolando la cucina e presentando il niente nei piatti possono raggiungere il successo. … Esci da quel locale e vai al fast food. Povera Italia.» Mulino Bianco a paletta signori.
«marchesi ! ti do la ricetta che è al di sopra delle parti,perchè la cucinano in paradiso : incredienti , spaghetti di grano duro,olio exstravergine di oliva, uno spicchio d’aglio,un peperoncino,pochissimno sale. esecuzione : metti un poco d’olio in una padella ,ponila su una fiamma vivace, calaci uno spicchio d’aglio , e spezzetta il peperoncino nelle padella ,quando l’aglio diventa marrone…» Ecco il Maestro sarà grato d’imparare, finalmente, qualcosa di serio a 85 anni. P.S.: quando l’aglio diventa marrone ha già irrimediabilmente conferito un tono amarognolo e poco gradevole al tutto.
« Se fosse per me, questo ed i suoi colleghi potrebbero morire di fame. Nessuno sa preparare un piatto come piace a me, io sola so cosa voglio e come lo voglio.» Qui, mi perdonino le signore, siamo all’onanismo culinario.
Mi fermo per mio e vostro piacere, precisando che non lo sbeffeggiare, sin troppo facile, m’interessa, quanto il trovare le basi di certa non cultura del cibo che sguazza, spero felice, tra recensioni urlate, show cooking, spettacoli televisivi e famose du’ spaghi. E per chi volesse ricordarmi che insomma, son mica tempi facili, la gente è stanca, stremata, rispondo che non credo siano questi i modi, i toni, la sostanza, per trovare tempi migliori.