Lugana Busocaldo Pasini San Giovanni – Ma è difficile?

PaoloPasiniVerticaleBusocaldo

A quasi un mese dalla data in cui Paolo Pasini ci ha gratificati – con me Wilma Zanaglio e Davide Bonassi – con una verticale dedicata ad uno dei vini aziendali più particolari, stiamo parlando rispettivamente dell’azienda agricola Pasini San Giovanni e del Lugana Busocaldo, non mi vergogno, dato il tempo trascorso e il preciso post di Wilma, Lugana Busocaldo Pasini San Giovanni – verticale che vi prego consultare come riferimento, ad aggiungere qualche personalissima riflessione.

Premessa doverosa è che, sin dal primo assaggio, non ricordo purtroppo l’annata, Busocaldo mi aveva conquistato, non solo per la sua diversità, fattore che ammetto m’intriga ancora oggi, quanto per essere rimasto impressionato dalla sua capacità sia d’infrangere più di un luogo comune sui bianchi in genere, che di prestarsi ad abbinamenti molteplici e non scontati. Difficile dunque resistere alla ghiotta opportunità che Paolo ci proponeva, passo ad una rapida cronaca, con l’assaggio di 6 vini per 5 diverse annate: 2006 con il Mexìlos e l’Axìlos, edizioni particolari per testare eventuali strade da percorrere dato che il vino messo regolarmente in commercio è ormai esaurito, 2007, 2008, 2009, ultima annata in commercio, e 2011 anteprima ancora a riposo in cantina.

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Busocaldo, come descritto nella scheda tecnica disponibile sul sito aziendale, è vino interamente da uve Turbiana coltivate nell’omonimo vigneto, chi avesse già elaborato cattivi pensieri – Honi soit qui mal y pense – sappia di essere nel giusto, il luogo pare ospitasse una casa come dire, tollerante, in Lugana e gode, ora smetto, di particolari attenzioni nell’affinamento , caratterizzato dalla presenza delle fecce fini. Sulle stesse il vino dimora a lungo, e il suo contatto viene enfatizzato dalla tecnica del «batonnage» ossia di un rimescolamento meccanico che a intervalli opportuni le rimette in sospensione nella massa liquida. Paolo parlando delle fecce fini o nobili – praticamente i lieviti esausti – le descrive come sorta di fango cremoso che ha curiose similitudine con l’aspetto del terreno, quando bagnato, che ospita il vigneto, ossia quel substrato «argilloso, limoso di origine morenica». Scopo dell’operazione, dalla durata ben superiore ad un anno anche se con il 2011 si sta provando ad accorciare il tempo, è quella di arricchire il vino con le sostanze provenienti dai lisati delle fecce.

Tempi conclusivi comunque che consegnano il vino ai potenziali estimatori ben dopo quelli che la maggior parte del pubblico collega come tempi ottimali per degustare, o meglio, bere un Lugana «tradizionale». E siamo al primo inghippo dato che per non pochi il Lugana è vino da bersi in assoluta gioventù, e stendo un velo pietoso per chi in questa primavera 2015 allontana sdegnosamente ogni bianco che non sia rigorosamente frutto della precedente vendemmia. A tale proposito voglio assolutamente informarvi di un 2006 della linea base, giusto per farvi capire dato che amo sempre meno quel termine, stappato alla fine della verticale con sommo piacere da parte di tutti: un vino ancora fresco, dai profumi e sapori integri che avevano ovviamente ceduto parte dei fruttati/fioriti in favore di sensazioni terziarie più complesse ed eleganti.

VerticaleBusocaldoBicchieri

Ogni bottiglia, ogni annata, aveva caratteristiche del tutto particolari, escludo il Mexìlos caso a parte data la sua permanenza in legno che di fatto è stata prontamente allontanata dal progetto Busocaldo, come se questo fattore avesse di fatto nettamente segnato il vino. Dei sei vini sono rimasto colpito in particolare dal 2007 che al primo assaggio è parso il più chiuso e monocorde per poi rivelare, e di tempo ne era passato, tratti di grande fascino, in bocca sapido e minerale, capace di reggere una carne rossa, sia pure cruda (ne accennerò alla fine) senza esitazione alcuna. Non da meno il 2008, rigoroso, asciutto di grande equilibrio, per arrivare al grasso e profumato 2009, il più opulento dei Lugana degustati, con un caleidoscopio di sensazioni olfattive (non a caso bene giocherà con un risotto mantecato al… Sugo di brasato!) sino a chiudere l’ideale cerchio con il 2011, forse il più «normale» dei Lugana degustati, ma la sua giovane età, non è refuso ho proprio scritto «giovane», non gli permette di competere ad armi pari, anche se la sensazione è quella di un venire un poco meno – qui i tempo sur lie sono stati accorciati – della filosofia Busocaldo. Del tutto fine a se stesso chiedersi quale fosse il più interessante, sia per la diversità e la personalità che contraddistinguono ogni singolo vino, sia per la spiccata propensione all’abbinamento che rende ogni bottiglia degna di attenzione.

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Un vino che rende merito alla cantina San Giovanni, a Paolo che è uno dei, se non «il» principale sostenitore del Busocaldo, vino assolutamente in linea, dicano quel che vogliono altri, con i tratti identitari del Lugana, mineralità, longevità, flessibilità negli accostamenti… Ne indica, sempre a mio avviso, una possibile strada, per lo più lontana da opulenze, giocata su eleganza, verticalità e complessità. A chiudere in modo degno l’incontro, ma siamo pronti a nuove emozioni (qui mi permetto di essere portavoce di comuni volontà), la pausa all’H20 di Saulo Della Valle e Manuel Lombardi dove i vini, stappati da un paio d’ore abbondanti e a temperatura pressoché ambiente (altro mito da sfatare per un paese dove, IMHO, si continuano a bere, di massima, rossi troppo caldi e bianchi troppo freddi) si sono efficacemente confrontati con piatti più che gradevoli, netti nei sapori e capaci di mettere a nudo le grandi potenzialità di abbinamento con un vino che definire semplicisticamente «difficile» risulta quanto meno riduttivo.

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