Guai a riflettere sui meccanismi che oggi regolano il rapporto tra il mondo del cibo, del vino e quello dei suoi descrittori: food blogger, giornalisti, recensori di TripAdvisor… Babele accennata in ordine rigorosamente alfabetico, sai mai scatenare l’ennesima, e un poco imbarazzante, querelle. Non lo farò certamente io, specie prima di dedicare alcune righe a un’azienda familiare e al suo vino più raro: Au Contraire, letteralmente, dal francese, Al Contrario.
Parlo naturalmente di Cavalleri, Giulia, Maria, Diletta e Francesco, senza dimenticare due figure fondamentali come Aldo Pagnoni e Giampaolo Turra. Parlo della serata di lunedì 29 febbraio, che ha visto negli spazi dell’azienda un insieme eterogeno di persone, cuochi, enotecari, ristoratori, giornalisti, amici…, unite dalla comune passione per quel cibo, quel vino tanto descritto oggigiorno da diventare persino invadente. Di certo non invadenti i tratti, i modi della famiglia Cavalleri, chiedo venia ai mariti ma qui non si parlerà di loro, insolitamente lontana dal mondo delle PR, degli eventi, degli uffici stampa. Uno stile inconfondibile, che ne fa realtà particolare nel mondo della Franciacorta – nessuno inizi a stracciarsi le vesti, non ho scritto migliore o peggiore, bensì particolare, ossia altro – così da attirare la mia attenzione per due volte, una su queste pagine La Signora del Franciacorta, Giulia Cavalleri Nember, una su quelle bresciane del Corriere della Sera.
Questione di feeling intonavano Mina e Cocciante, questione di assonanze, di preferenze sulle quali mi assumo, ci mancherebbe, ogni responsabilità. Ne vorrei tante di aziende franciacortine come questa o meglio vorrei che tante aziende franciacortine trovassero una loro precisa via, pur in un’azione corale, unica possibilità, specie per quelle di piccole e medie dimensioni, per incontrare felicemente sia il mercato interno che gli ormai indispensabili mercati esteri. Una Franciacorta unita fatta di tante belle diversità insomma.
Ad accoglierci, ebbene sì ero tra i fortunati, meglio esplicitarlo a scanso di fraintendimenti, l’unico liquido protagonista dell’incontro, l’Au Contraire 2008, ben 7 anni dal precedente esperimento, sboccato rigorosamente à la volée per l’intera serata come da espresso desiderio di Diletta. Non vi tedierò riportando ciò che potrete trovare sul sito dell’azienda e nei non pochi commenti sul web – i 6 anni sui lieviti, la presenza di un 40% di Pinot Nero a regalare la sua «anomalia», il non essere dosato… – dirò semplicemente del fascinoso colore che t’impressiona al primo impatto, quel giallo con toni d’oro antico, rosato… Sfumatura che appare espressa nella sua descrizione integrale: Franciacorta Pas Dosè Au Contraire 2008 Oeil de perdrix, e del come abbia felicemente giostrato per l’intero arco della serata passando, per me, con insospettabile disinvoltura per le diverse portate pur essendo Metodo Classico capace di affrontare piatti e sapori di assoluto impegno. E il tempo, qui davvero galantuomo, saprà trarre da questo vino ancora tante sorprese, perché la sua freschezza e la complessità sin qui rivelata – già trovare questo binomio in perfetto equilibrio è del tutto significativo – non possono che evolvere positivamente.
Ad accoglierci ancora, prima del percorso preparato da un’altra figura che stimo particolarmente, le parole di Giulia Cavalleri, scelte un poco con la mia stessa impostazione, del vino altri parleranno lei vuole esprimere quanto sente verso chi l’ha preceduta, Giovanni Cavalleri figura simbolo dell’azienda, accompagnata, Aldo e Paolo, e ricevuto le consegne per il futuro, Diletta e Francesco. Frasi non mediate, non costruite a tavolino, nel suo consueto stile, che si sono poi allargate a comprendere tutti i presenti, sorta, me lo si lasci dire, di famiglia allargata per il tempo lì trascorso.
Del tutto coerente la scelta di Riccardo Camanini per il menu che riporto e che in ideale crescendo ha visto Risotto e Trancio di Baccalà dialogare stretti all’ennesimo assaggio di Au Contraire. Dico coerente per la naturale ritrosia, la misura, il voler essere lontano dai palcoscenici – E quanto mi piacciono queste figure in un epoca di esibizionismo culinario che ha raggiunto vette impensabili – che caratterizzano l’interprete principale di piatti ormai famosi come l’Anguilla affumicata alla brace e crema di aglio dolce o gli Spaghettoni burro e lievito – con gl’immancabili detrattori che lo definiscono piatto sopravvalutato quanto pochi, va bene, intanto lui ci ha pensato e l’effetto è, quanto meno, interessante – o la Torta di rose cotta al momento con zabaione al vov fatto in casa e limoni del Garda, chiusura golosa ed eccessiva in pieno accordo con il concetto di dolce come emblema del «confort food». Poche parole a ricevere i meritati applausi e le scuse per la fretta ma «Ho dei clienti che mi aspettano al Lido e ora corro a salutarli». Nota del sottoscritto, erano le 22 passate, altri tratti comuni dei nostri a chiudere: il lavoro, l’impegno, il rispetto.
Le immagini sono cortesia della famiglia Cavalleri, Diletta nello specifico, che a scatola chiusa si è fidata della mia richiesta.