La terza via (allo spiedo bresciano)

Mi era in qualche modo sfuggito il tempo per questo post sullo spiedo, occasione una serata voluta da Michele Valotti, cuoco e gestore della Madia di Brione, per celebrare attraverso una sua interpretazione il più simbolico piatto bresciano. Ma un appunto di Marino Marini – ancora suo a mio avviso uno dei più felici contributi sull’argomento – apparso nella prima edizione de La cucina bresciana , in calce a Brescia in cucina e nei libri – V (Lo Spiedo) mi ha convinto a riportare, con alcune brevi considerazioni, lo svolgersi della serata.

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Vero che alcuni commenti già mi avevano convinto della cosa, specie quelli tra il lapidario e l’indignato, riassumibili con la frase «Quello senza uccellini non può chiamarsi spiedo bresciano». Nessuna intenzione di entrare in polemica, ne viviamo sin troppe ogni giorno propinateci con ogni mezzo disponibile, solo esprimere la mia perplessità su sicurezze ferree e a mio avviso lontane dallo spirito della cucina, che è cangiante quanto pochi altri anche se con tempi molto diversi da quelli a cui siamo oggigiorno abituati. La cucina, l’elaborazione delle materie prime disponibili in un luogo, dipende ad esempio, pare gioco di parole, dallo loro disponibilità e un piatto perfettamente realizzabile cinquanta o cento anni fa probabilmente ora non lo è più, o almeno non lo è nella stessa esecuzione e nel risultato finale. La cosa può piacere o meno ma è dato di fatto incontestabile.

Visto che ho utilizzato la parole «spirito» trovo assolutamente necessario citare integralmente un commento dello stesso Michele apparso come sorta d’introduzione alla serata:

«Lo spiedo è nell’immaginario del bresciano IL PIATTO, quello del rito, quello che si comincia giorni prima a sentire nell’aria. Anche io ne ho sempre subito il fascino, in trattoria vuoi perché di difficile gestione ( se si vuole ottenere un certo risultato), vuoi perché la ricchezza di materie prime del nostro territorio non poteva proporre come risultato in cucina una visione talmente ristretta che ad ogni evento doveva corrispondere per forza lo spiedo, non l’ho mai voluto proporre.
 L’idea dello spiedo con le sarde secche nasce dall’impossibilità da parte della ristorazione del territorio di proporre questa ricetta con l’utilizzo degli uccelli, nostrani o meno.
 Trovare un interpretazione che tenesse conto di tradizione del gusto e territorialità mi sembrava una sfida carina..
 La sarda secca del lago d’iseo è una materia prima che intreccia storia, territorio e cultura. In cottura ad alta temperatura sviluppa quel sentore amarognolo che ricorda quello degli uccellini. 
è una proposta, una visione, un’idea.
 C’è ancora qualcuno lì fuori che vuole accettare qualche provocazione?»

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Già il leggere questa premessa avrebbe dovuto scoraggiare, quanto meno indebolire, il dire di alcuni. vi si sente rispetto verso una preparazione tanto radicata da aver elaborato un suo rituale, appare il termine provocazione, si spiega il perché di una scelta. Sul rispetto poi lancio anch’io una, piccola provocazione: è comunque Spiedo Bresciano quello di alcuni che negli anni passati confondendo, sempre a mio avviso, popolare e tradizionale con sciatto ed economicamente vantaggioso, hanno utilizzato carni magari congelate, estere, di scarsa o media qualità? Leggete di seguito il dettagliato elenco degli ingredienti e torniamo a parlarne.

L’insolita avventura dello spiedo bresciano

La Trattoria La Madia e la Società Agricola La Fiòca sono abbastanza lieti di presentare i matrimoni d’amore tra piatti tradizionali, formaggi, obbligate innovazioni e i vini dell’azienda franciacortina.

Trattoria La Madia, Brione (BS), il 17 febbraio 2016, mercoledì, ore 20.00

La serata si compone come segue:

Ciò che resta dello spiedo bresciano (ovvero la minestra sporca)

Il vino: Nudo,Vino spumante metodo ancestrale, Società Agricola La Fiòca

Di carne e di pesce. La terza via (allo spiedo bresciano), quella della Trattoria La Madia, con le sarde secche del lago d’Iseo ( Nando Soardi di Monte Isola )

Il vino: Pinò, Rosso del Diavolo allegro IGP Sebino, Società Agricola La Fiòca

Trilogia di formaggio bresciano

Grana Padana DOP (elaborato con caglio vegetale), Azienda Agricola Al Cantarane

Silter DOP, Azienda Agricola Bezzi

Nostrano Valtrompia DOP, Azienda Agricola Beltrami

Il vino: Rosé Franciacorta DOCG, Società Agricola La Fiòca

Sorbetto arancia e radicchio rosso

Come tutti gli altri spiedi, il consumo deve essere caldo, appena tolto dal fuoco. Pertanto è suggerita la puntualità.

Racconterà Riccardo Lagorio

Le carni suine erano del Berlinghetto, c’era della faraona proveniente da Ostiano (Lazzari) e il restante pollame era di Paradello… Non mero elenco a fini di réclame quanto preciso impegno nell’utilizzo di prodotti con un nome, una storia, dei volti a garanzia.

Poi è possibile continuare all’infinito, specie se l’interlocutore si arrocca in un granitico «ma non è spiedo», inutili allora i tentativi di spiegare che nessuno vuole entrare in competizione, che questa è semplice proposta/provocazione, che profumo e sapore dell’intingolo ricavato sono più che degni di considerazione. Si spiega allora l’espressione negativamente stupita in calce al mio pezzo sul dorso locale del Corriere della Sera La terza via di Valotti allo spiedo «Senza uccellini, provate le sarde» che pure ha incontrato buon numero di condivisioni.

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Scrivevo in altro luogo che avrei voluto chiedere ai difensori di una presunta ed intoccabile classicità cosa ne è stato della Torta di sangue, del trito di pere spadone nei casonsei, dell’uva vespolina o isabella necessaria alla preparazione del brodo di giuggiole… E l’elenco potrebbe allungarsi a dismisura. Non temo le citazioni se le considero intelligenti e funzionali al mio dire, concludo quindi con un brano estratto da La cucina italiana, storia di una cultura di Alberto Capatti e Massimo Montanari: «… La cucina in tal modo si rivela per ciò che effettivamente è, ed è sempre stata: il luogo per eccellenza dello scambio e della contaminazione, oltre che (più che) dell’origine. Se un prodotto può essere espressione di un territorio, il suo uso in una ricetta o in un menù è quasi sempre il frutto di un’ibridazione». Con buona pace degl’integralismi.

Le immagini sono cortesia di Fabio Zucchi

2 commenti Aggiungi il tuo

  1. liloni adriano ha detto:

    sono il bruto che ha parlato di spiedo con uccelletti.Con osco, e stimo Michele. dovro’ tornare a trovarlo. senza se senza ma. anche per lo spiedo con le sarde secche.oste troglodita, ma anche no.

  2. Dr. Ballanzone ha detto:

    Michele Valotti può fare quello che vuole, per me è un grande. A volte estremo, ma grande…o forse grande perchè estremo…boh.

    Citando un famoso personaggio/spot anni 80: “per me nr.1”

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