Qualcuno si chiederà perché io insista nel citare questa Osteria: La Civichella di Silvano Baldassarri. Dal post datato 2013 non è cambiato certo l’indirizzo, non la ristretta carta delle proposte, forse il futuro dopo un incerto periodo affrontato «a muso duro» da Silvano, Slow Food l’ha inserita nella sua ultima guida, quella targata 2017, la scelta dei vini si è arricchita di qualche nuova bottiglia, per lo più e giustamente scelta nei dintorni, Sangiovese, Lambrusco, Pignoletto… E qualche locale interpretazione di vitigni internazionali come Chardonnay, Cabernet Sauvignon a IGT Rubicone. È che ho più o meno scientemente eletto La Civichella a osteria ideale, sorta di archetipo della tipologia, indipendentemente dunque da luogo e dettagli minori.
Un’unica sala, classico bancone con macchina del caffè e bottigliera alle spalle, il primo tavolo, quello vicino alla porta, dedicato al gruppo dei frequentatori abituali che lo utilizzano per appoggiarci bicchiere e carte protagoniste d’interminabili partite che, in determinati orari e in assenza di clienti da servire, vedono la presenza dello stesso Silvano, protagonista e responsabile dell’atmosfera che permea ogni tratto del locale. Giusti tempi, cordialità non artificiosa, autenticità.
La scorsa settimana tra gli antipasti abbiamo assaggiato il Tagliere di salumi misti, rigorosamente accompagnato da piadine – quelle morbide e alte – e ficattole – altrove gnocco fritto, crescentine, torta fritta… – e il Radicchio con bruciatini di guanciale all’aceto, tra i primi i Tortelloni di ricotta con burro e salvia (niente ragù se volete sentire il ripieno, suggerisce Silvano), Tortelloni di zucca con olio e pepe (si ripete il consiglio dell’oste), tra i secondi l’inarrivabile Salsiccia «matta» «di nostra produzione», insaccato dalla veste scura ormai difficilmente reperibile, fatto con le parti più sanguinolenti del maiale, i ritagli e le rifilature di testa, lingua, guance, cuore e altre frattaglie, il tutto abbondantemente insaporito da Sangiovese, pepe, aglio ma senza alcun conservante se si eccettua il sale (e Silvano aggiunge qualche segreto particolare), un capolavoro della cucina povera romagnola. Di fronte a questa vetta restano sullo sfondo le carni di maiale alla griglia, il castrato, gli Straccetti di carne al «Balsamico». Ho corrotto poi gli altri avventori con delle patate intinte nel Friggione ingentilito da cubetti di prosciutto crudo e Silvano ha inferto il colpo finale con alcuni dolci di monacale semplicità: la Crema del contadino, il Budino di nonna Mariuccia…
Niente foto, niente impiattamenti ad attrarli, solo sapore, schiettezza, tradizione, che si ripetono quotidianamente con minime variazioni (magari a richiesta e per gruppi di una certa consistenza), niente trucchi, niente km 0 sbandierati come passe-partout per cucine prive d’ingegno o identità. Ecco cosa vorrei trovare nella nostra Brescia, di produttori e prodotti per costruire commoventi menu ne esistono non pochi, di ricette, checché se ne dica, altrettante, ma le osterie, le trattorie con un solido impianto latitano, più facile paradossalmente trovare ristoranti con valide proposte provenienti da altre tradizioni che non luoghi dove si proponga una non stereotipata cucina bresciana. Lo penso sempre più ora che un corso affidatomi mi ha fatto ripercorrere le tante offerte del nostro territorio, s’insinua l’idea di essere ormai dinosauro in estinzione, ignaro del fatto che si chiede e desidera altro, anche se non si sa bene cosa. Quanto ai detrattori del luogo, ne esistono ci mancherebbe, che annotano ovvietà con aria superiore cosa dire se non le parole del monatto «Va’, va’, povero untorello, – rispose colui: – non sarai tu quello che spianti…»
Ecco il perché di questo post, sorta di reazione, di canto del cigno per chi, ogni tanto, vorrebbe ritrovare piatti e sapori della cucina descritta da Camillo Pellizzari, Marino Marini, Carla Boroni e Anna Bossini… E che si bea delle proposte di una cena dedicata al Quinto Quarto.
A pagina 354 della Guida Osterie d’Italia 2017 fa il suo ingresso come NOVITÀ La Civichella, Bar-trattoria Via Viara, 5029 a Castel San Pietro Terme, 32 km a SE di Bologna: «… la proposta gastronomica, lo dice il nome, è schietta e sincera». Onore a Slow Food e alla sua segnalazione.