Cara Azienda ti scrivo… Un nostro cliente di là dagli oceani è interessato ad acquistare Olio Extra Vergine di oliva italiano di buona qualità… Così ho pensato di chiederti se sei interessata a vendere il tuo di Extra Vergine, confezionato in bottiglia di vetro da 500 ml, che pagherei euro 2,00 (IVA esclusa perAtena!).
Il messaggio da cui traggono origine le righe sopra riportate è stato ricevuto in questi giorni da Alessandra Paolini, Agricola Doria, produttrice di Lei monocultivar Cassanese bio, miglior monocultivar 2017 per la Guida Oli d’Italia 2017 ex aequo con il Monocultivar Moresca del frantoio Galioto. L’azienda agricola Doria si trova a Cassano allo Ionio in Calabria, circa 990 km dal nostro capoluogo di provincia ma la distanza non incide certo sulla stima che nutro nei suoi confronti, come non incide su un dato di fatto che riguarda tutti i produttori di oli extra vergini di qualità italiani, compresi naturalmente quelli dei nostri laghi, baluardi di una produzione ai limiti settentrionali della coltivabilità dell’ulivo.
Due euro, esclusa IVA, per 500 ml di olio extravergine di oliva italiano (di buona qualità) comprensivo di bottiglia in vetro, tappo, etichetta… Nei principali mercati del nostro sud, il prezzo medio al litro nella prima settimana di giugno 2017, ovviamente sfuso, ovviamente all’ingrosso, era attorno ai 6,00 euro al kg franco produttore e non parliamo di DOP, di bio, di monocultivar, di produzioni particolari insomma. Quindi del 50% superiore, come prezzo all’origine, di quanto offerto per un prodotto in bottiglia dall’azienda esportatrice a più realtà agricole contattate, vero che chiedere è lecito e rispondere cortesia, ma che senso ha una richiesta del genere nel panorama della produzione olearia di qualità della nostra penisola, sapendo che è di fatto impossibile soddisfare la quotazione proposta?
Verrebbe da pensare che in qualche modo, prima o poi, qualcuno soddisferà i requisiti, quanto meno quelli di costo, richiesti. Ma in che modo visto che la cosa, conti alla mano, è praticamente irrealizzabile, o in altri termini: che olio extravergine d’oliva italiano di buona qualità raggiungerà il mercato estero con cui l’azienda esportatrice è in contatto? Che immagine concreta verrà proposto agl’ignari acquirenti di quell’olio? Probabilmente quella di una bottiglia che li porterà a pensare come il contenuto sia effettivamente il frutto della tipicità italiana in quel settore.
Certamente quel contenuto sarà lontano, non solo in termini chilometrici, da quanto le circa quattrocento cultivar reperibili in Italia possono esprimere, sicuramente lontano da quanto si apprende dalle note organolettiche del Lei dell’Agricola Doria presenti sul sito del Gambero Rosso «Bellissimo al naso, verde e raffinato, con note d’origano, pomodoro e cardo, sentori di mentuccia e altre aromatiche che rispondono perfettamente nel palato». Lontano da quanto la Casaliva, il Leccino, la Sbresa possono offrire lungo il perimetro dei laghi bresciani.
Ma il tutto, se sarà soddisfatto, non occuperà le cronache, non qui, non nei luoghi a cui sarà destinato – ma negli Stati Uniti abbiamo già rimediato figure barbine come il New York Time riportava nel gennaio del 2014 con il titolo Extra Virgin Suicide – The adulteration of italian olive oil – e forse qualcuno si è poi chiesto se valeva la pena spendere quei soldi, il prezzo sullo scaffale, per procurarsi l’oro verde «italiano», ma la dicitura «Imported from Italy» non ci conforta.
Torniamo qui, meglio ancora restiamo qui, chiedendoci quante persone, anche da noi, hanno di fatto avuto la possibilità di provare dei veri, ottimi extravergini italiani, che siano particolari monocultivar del nostro sud come la Cassanese, che molti pensano solo oliva da tavola, o la Mignola marchigiana che nelle annate felici stupisce con i suoi sentori di frutti di bosco o, per noi, della mandorla, dello sfalcio d’erba dei nostri campioni di settentrionalità intesa come latitudine, per tacere delle caratteristiche nutrizionali. In queste occasioni emerge chiaramente quanto ci sia ancora da fare per una diffusione, a partire dal nostro paese, di una cultura dell’extravergine, pilastro della mediterraneità come il vino ma ancora lontano da una sua corretta comunicazione, in queste occasioni piange il cuore nel vedere come da alcuni, troppi, viene vissuto e trattato il «Succo mediterraneo dell’immortalità» come lo definiscono Elsabetta Moro e Marino Niola nel loro Andare per i luoghi della dieta mediterranea.
Questo il mio, piccolo, omeopatico, sdegno, immagino quella di Alessandra Paolini, quello di tanti piccoli/grandi produttori che investono praticamente tutto, parlo d’impegno, fatica, denaro, confronti impari con il tempo e le avversità naturali, nel produrre uno dei liquidi più preziosi, ma ancora accessibili, dell’umanità.
L’immagine in evidenza proviene dalla galleria fotografica del sito Consorzio di Tutela Olio Extravergine di oliva Garda DOP, quello del Lei dalla pagina FB dell’azienda Doria, l’ultima in ordine è stata reperita in rete.