I limoni

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«Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.

Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall’azzurro:
più chiaro si ascolta il susurro
dei rami amici nell’aria che quasi non si muove,
e i sensi di quest’odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioni
per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed è l’odore dei limoni.

Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s’abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.
Lo sguardo fruga d’intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno più languisce.
Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità.

Ma l’illusione manca e ci riporta il tempo
nelle città rumorose dove l’azzurro si mostra
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
La pioggia stanca la terra, di poi; s’affolta
il tedio dell’inverno sulle case,
la luce si fa avara – amara l’anima.
Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo del cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d’oro della solarità.»

 

Mi perdonerà Eugenio Montale se utilizzo i suoi versi per dare corpo al mio scritto, se non altro i lettori avranno sicuramente qualcosa di bello da leggere, ma volevo illustrare compiutamente la riflessione che sta dando origine a queste righe. Non recensisco da tempo ristoranti di vaglia, mi compiaccio di riconoscere chi, negli spazi di un locale che propone pizza al taglio, di una gelateria, di un’osteria o trattoria, propone il meglio a lui possibile, il meglio in termini d’impegno, di ricerca e offerta. Siamo lontani dagli assoluti, lontani dai grandi Chef acclamati, telegenici, la cosa non m’inorgoglisce particolarmente, colpa anche il periodo, talvolta ho la sensazione mi manchi un poco, per quanto poco abbia in passato frequentato quella dimensione.

Non sono certo rimasti orfani i lettori, altri, talvolta più competenti, preparati e capaci hanno abbondantemente sopperito ad un’assenza poco significativa. Io parlo dei limoni, cercando di capire quali siano i più giallo/sole, i più profumati e succosi. Bossi e ligustri e acanti non mi appartengono quasi più, ribadisco, non me ne faccio vanto, altri dicevo sono al loro fianco, realizzano selfie, regalano e ricevono sorrisi. Quelli sì, parlo dei sorrisi, mi appartengono ancora e  ne ricevo più di quanti ne regali, ancora i tempi… Come ricevo attestazioni di stima e apprezzamento.

Vivo di queste piccole/grandi cose, parlo molto più frequentemente di produttori, dell’inizio in un certo senso, di chi raramente è sotto le luci della ribalta ma che potrebbe, dovrebbe dico io, essere la chiave di volta per una ristorazione diversamente grande. Non sono un talebano, un integralista, trovo il km 0 ormai ridotto a poco più di uno stereotipo ma, è uno dei miei ultimi leitmotiv, sono seriamente convinto che esista un’omologazione anche nell’alto, in un estremo ricercato che in un certo senso cessa di essere tale quando inserito nei cataloghi dei distributori specializzati.

Ne esistono, tranquilli, di solari limoni in terra bresciana, spesso misconosciuti, o non giustamente valorizzati e mi riferisco anche alla poca inclinazione dei protagonisti nel farsi conoscere e apprezzare. Ma parlarne non fa audience, non ha la rassicurante tranquillità del celebrare, anche giustamente, lo stellato, la star. Non si pensi che io abbia qualcosa di personale nei confronti di questi ultimi, credo di poter dire, pronto ad essere sconfessato, di avere se non degli amici, parola importante, dei conoscenti di cui godo del rispetto, peraltro in modo reciproco, piuttosto una riserva sulle modalità e sui contenuti dei rapporti che spesso s’intrattengono con loro.

L’importante, ne sono profondamente convinto, è che in ogni campo, ad ogni livello, possa emergere ed avere giusto riconoscimento, anche economico, chi fa il proprio lavoro con impegno, serietà,  imprenditorialità, onestà, chi tragga dal grande bacino dell’enogastronomia, dell’agroalimentare italiano, dalle tradizioni, dalle tante ricette del nostro paese, una propria assoluta identità, diversa da ogni altra, diversa da quella di altri paesi che talvolta devono ricercare quasi esclusivamente al di fuori dei propri confini l’ispirazione per i propri piatti. Niente di autarchico, anche i diktat non mi appartengono e sono attirato dalle cucine altre, purché espresse con gli stessi principi prima elencati. Facciamo selezione su queste basi, non con quelle nevrotiche di TripAdvisor, o quelle, molto più pericolose, dei capitali facili, ne guadagneremmo tutti.

L’immagine – photo courtesy of Nik Barte – ritrae la Limonaia La Malora di Gargnano

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