Maltempo, 70 persone evacuate in Valcamonica: «Chiederemo lo stato di emergenza»
di Lilina Golia
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«Il flagello bianco è arrivato da est, ha toccato terra poco dopo le 17 di martedì 11 giugno e in venti minuti ha vestito di bianco tutta la bassa Valle Camonica fino a Pisogne. A Darfo Boario e dintorni, un’ora di follia metereologica ha raso al suolo vigneti e coltivazioni, ostruito tombini e fognature, frantumato gazebo e lucernari.»
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12 giugno 2019 | 11:12 Corriere della Sera ed. Brescia
Frammenti di profili, poche parole, qualche immagine. Non ci sono imprecazioni, frasi violente, alle quali siamo purtroppo sempre più assuefatti, quanto un misto di amarezza, rassegnazione, muta rabbia. Ho telefonato ad Enrico esordendo con un «Se non hai voglia di parlare mandami pure…», mi ha risposto con garbo, non importa ciò che ha detto, ho poi concluso con un «Probabilmente chiamarti serviva più a me che a te». Credo che analoga risposta, nei contenuti se non nelle conclusioni l’avrei ricevuta da Dario Bonfanti (Roncadizza Lumaghera). Un gesto istintivo, giusto un dire esisto, esistiamo, per poi tornare al nostro quotidiano. Non ho certo le competenze per dissertare sulle «bombe» d’acqua o di grandine, come ormai è uso definire questi fenomeni metereologici sulle pagine dei quotidiani, posseggo d’altro canto sufficiente pudore per evitare banalità e pseudoscienza, lascio poi ad altri inanellare frasi per nulla consolatorie, anche se mosse dalle migliori intenzioni.
La ragione per cui scrivo, chissà quale morbo mi costringe a motivare il mio operato, sta forse nelle parole scritte da Enrico poco dopo aver assistito allo scempio delle sue vigne: tutti chiedono lo sconto, importatori, distributori, ristoratori… Io, ormai quasi totalmente incurante dei giudizi altrui, continuo a dire che il cibo, il vino, sono sì merce, ma di una tipologia diversa da tutte le altre. Il vino poi… Un bravo viticoltore dalla lunga, lunghissima vita attiva, quante vendemmie può collezionare? 40? 50? Siamo agli estremi, sempre che non ci si metta di mezzo il tempo, le malattie, quelle della vite, quelle dell’uomo.
Poi siamo in Valle Camonica, poco importa snocciolare dati, anni, ettari, se parli con gli stessi camuni, non molti esclusi, ti diranno che da loro i vini non sono particolarmente buoni, difatti non se ne vedono molti nei ristoranti, nelle trattorie, nelle osterie: si preferisce puntare al Veneto, al Piemonte, alla Toscana, alla lontana Sicilia. Se ci si ferma in Lombardia c’è il Garda, la Franciacorta…. Poi i vini di montagna costano, le proprietà sono piccole, sparse di qua e di là, i terreni in pendenza, la meccanizzazione utopia. Le cose sono cambiate si dice, figure come Togni fanno arrivare all’estero i segni dell’omonima valle. Ma sono casi isolati, perché mai dovrei investire su una cantina in gran parte costruita con vini che pochi conoscono, ancor meno chiedono. Cosa importa se ora ci sono ottimi Metodo Classico, bianchi eleganti, rossi con spalle e struttura, anche se diversi da quelli di pianura: qui emerge il nerbo, muscoli sottili e allungati, freschezza, non palestrate masse ipertrofiche.
Tutto questo ha probabilmente scarso significato, i vini camuni continuano ad essere prodotti per lo più ignorati. Ciò si riflette sul valore dei terreni, sull’appetibilità delle vigne. Sulla voglia di continuare dopo una grandinata.
gràndine s. f. [lat. grando –dĭnis]. – 1. Precipitazione atmosferica di acqua congelata in masse di forma pressoché sferica e dimensioni che variano da quelle di un pisello a quelle, eccezionali, di un’arancia; cade durante le perturbazioni atmosferiche, in prevalenza nelle regioni temperate, da nubi del tipo dei cumuli-nembi: g. fitta, battente; chicchi di g. grossi come noci; è caduta la g.; viti rovinate dalla g.; G. grossa, acqua tinta e neve Per l’aere tenebroso si riversa (Dante);
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