«Non sapevamo neppure se ce ne sarebbero state altre». Schietto il commento come sua abitudine, le «altre» hanno fatto annuale comparsa da quel 1990 della prima edizione, lui Marino Marini, tra i fondatori di Slow Food nonché ideatore di una guida – Osterie d’Italia – capace in questo trentennio di ritagliarsi un preciso spazio nella pletora di pubblicazioni dedicate alla ristorazione. In fondo l’idea era questa: realizzare qualcosa d’inedito, almeno a livello nazionale, capace di dare il via a una sorta di censimento delle ancora restanti osterie, di quelle buone s’intende, in grado di regalare emozioni a un giusto prezzo, intrattenere gli ospiti, ergersi a baluardo delle cucine locali, dei prodotti coltivati, realizzati, negl’immediati dintorni, conoscerli, saperli spiegare, magari fornire l’indirizzo, dare un volto a chi quei prodotti li fa… Il km 0, grazie al Cielo, ancora di là da venire.

La formula funzionò, non poche le innovazioni al suo interno, raccolse al suo esordio 800 osterie e di anno in anno le prefazioni segnarono la loro evoluzione, provarono a definirne i concetti base. In Lombardia, al suo trentennale, è stata da poco dedicata una cena conviviale in uno dei luoghi icona delle Osterie bresciane, accanto, così diverse, alla Villetta di Palazzolo. Il locale è La Madia di Brione, dove Michele Valotti e la sua brigata propongono una cucina felicemente diversa, fatta di tecnica e cuore, di piccole produzioni, di erbe spontanee, di contaminazioni senza frontiere, di sperimentazione.
A tenerle compagnia altri luoghi di grande fascino, e qui, perdonatemi, quasi impossibile non citare in aperto contrasto i non-luoghi (Non-lieux) di Marc Augé, antropologo francese autore di Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità, tradotto in italiano nel 1996, definiti come «aree in cui gli individui si incrociano senza entrare in relazione gli uni con gli altri»: «(autostrade … aeroporti), … mezzi di trasporto, … centri commerciali, … outlet, … sale d’aspetto, … ascensori». Nonché, per avvicinarci maggiormente al cibo, quelli di George Ritzer: «catene di supermercati, negozi in franchising, (fast food…) esempi di non-luoghi in cui non-persone offrono non-cose e non-servizi.» come denuncia nel suo La globalizzazione del nulla.
Da Sapì di Esine, Caffè La Crepa di Isola Dovarese, Trattoria Visconti di Ambivere, sono state le osterie/trattorie che hanno con La Madia costruito un menu sul quale tessere la trama delle parole, dei sorrisi, della convivialità, dimensione trasversale di ogni Osteria degna di questo nome, luogo che si frequenta per il cibo e per l’atmosfera, perché ogni piatto ben realizzato racconta storie di uomini, di territori, di prodotti. Lo hanno ribadito i vari cuochi (che bella questa parola), i vitivinicoltori presenti, Silvia Tropea Montagnosi, responsabile Lombardia della guida, ed Eugenio Signoroni, coordinatore nazionale della stessa.
Lascio alla vostra fantasia, e alla vostra sensibilità, intuire quanto di buono ci fosse in quei piatti, in quei vini, per concludere con una riflessione: certo, le Osterie d’Italia non hanno certo la capacità d’influenzare in modo così netto ed indiscutibile le sorti di un ristorante come accade per la celeberrima «Rossa», non sono nemmeno oggetto di roventi contestazioni e scambio di battute come accade a quelle dell’Espresso e del Gambero Rosso, per rimanere alle più conosciute, ma, che io sappia, non hanno mai portato lutti o drammi, gettato nello sconforto o creato insanabili inimicizie… Certo, essere presenti in quelle pagine fa piacere, magari qualche oste od ostessa ha qualcosa da recriminare… Ma il tutto pare accadere in un’altra dimensione, più pacata, più terrena, più «a misura d’uomo», anzi di «oste».
Ma come, diranno alcuni, nessun elenco? Niente «Le migliori osterie della provincia bresciana» o «Le chiocciole vanno lente ma sicure»? No, ci sono quasi infiniti posti dove trovare siffatti post o articoli. Per soddisfare le proprie, giuste, voglie, un suggerimento: acquistate una copia delle Osterie d’Italia, possibilmente in una libreria tradizionale, scambiando magari due parole con chi ve la porgerà… Perché i libri, le guide, questa in particolare, sono fatte di persone, donne e uomini come voi, come gli osti e le ostesse.