Basta, sono nauseato, il cibo ormai mi disgusta, speravo si salvasse, si sottraesse all’imperante deriva, ma nulla, nulla da fare. Se non è la Nutella osannata o vituperata, condannata o esaltata, o il suo produttore Ferrero, grande, in tutti i sensi, azienda italiana, una delle poche ormai ad avere testa e altri apparati nel nostro paese, ci pensa il dibattito sul Nutri-score: chi ne fa razzo propellente per le proprie aspirazioni di potere, chi lo usa per abbattere quel tentativo di volo, quella parabola virtuale.
E prima illustri precedenti, basti ricordare la demonizzazione alimentare dell’olio di palma, quando era probabilmente più corretto puntare l’indice sugli aspetti di economicità, sulla sostenibilità di una domanda in continua crescita. O, che ne diranno i vegetariani, i vegani poi, di come su alcune pagine abbiano fatto timido capolino i resoconti – le malefatte? – causati dalla domanda, anch’essa in aumento, di avocado sulle nostre occidentali tavole? Chi non è con me è contro di me, ammesso che la nostra democraticità, il nostro senso etico conceda all’infelice libertà di espressione.
Che dire poi dei luoghi comuni inanellati a ritmi vertiginosi dal principale esponente di quello che per i sondaggi delle ultime due settimane è inequivocabilmente il primo partito politico italiano? Che dire delle improbabili pizze, del desolante piatto di pasta condito con l’italianissimo ragù Star, azienda nata in Brianza nel 1948 ma ora proprietà del gruppo spagnolo GB foods «presente in Spagna, Italia, Olanda, Russia, Repubbliche CSI, 30 paesi dell’Africa e Medio Oriente, con i prestigiosi brand Gallina Blanca, Star (appunto), Grand’Italia (sic), Jumbo o Gino», dei tortellini con ragù di salsiccia e «un bel boccale di birra»? La lista si commenterebbe da sola, inno a un populismo fine a sé stesso, senza riscatto alcuno, senza storia o tradizione, peccato che a salvarla, sì in qualche modo a salvarla, ci pensi l’estremizzazione dell’opposta sponda, che pubblica una «fake picture» raffigurante un piatto di farfalle condite da un rivolo di, parrebbe, ketchup sormontato da una scaletta di bastoncini di pesce. Autogol di cui non v’è traccia alcuna sul profilo Twitter di Matteo Salvini.
E meccanismi simili appaiono anche in quanto accennato all’inizio, dove non si contano ormai gl’interventi dei Nutella dipendenti, che sparano a zero contro chiunque osi dire che, tutto sommato, della scarsa reperibilità dei biscotti ultimi nati poco o nulla importi, che forse, forse, mangiare allargando sino allo spasimo le commessure labiali in segno di godimento, una crema costituita al 70% da zucchero e olio di palma (si legga sopra prima di chiedere la pubblica lapidazione dello scrivente) non rientra nelle prime dieci esperienze più desiderate di una vita. Oppure specificare che le luci rosse fuoco, rosse inferno del Nutri-score dedicate al salame, all’olio extra vergine di oliva, no non sono proprio così rosse, in contrapposizione a quelle verde speranza della Coca-Cola – guardate che si parla della Coca light, di quella zero, perché la Coca zuccheratissima viene fortemente penalizzata! Tuonano i difensori del sistema, come se ci si potesse decorosamente nutrire, quanto meno sempre dissetare, con bevande dietetiche gasate –. Come suppongo nessuno dotato di, esageriamo, 7 neuroni superstiti penserebbe di sopravvivere a sole cucchiaiate di Olio Extravergine DOP Laghi Lombardi Sebino… Peccato che pochi/nessuno lo dicano, immaginiamoci scrivano.
Così ci dimentichiamo, siamo di corsa che diamine! Di leggere articoli che hanno dalla loro un minuzioso lavoro di ricerca, il considerare punti di vista diversi, diverse opinioni. Tutti da una parte, così col cavolo che la barca resta a galla, ci mancherebbe si perdesse del tempo a leggere, ve li consiglio, articoli come Il gusto amaro delle nocciole di Stefano Liberti, apparso sulle pagine dell’Internazionale di giugno 2019, o il Dilemma dell’avocado di Elide Messineo nel blog Retrobotteghe e ancora prima Cile, l’avocado che prosciuga i diritti di Alice Facchini in Osservatorio Diritti del luglio 2017. Fonti, libri, articoli disponibili senza eccessive difficoltà ma che in pochi si prendono la briga di consultare preferendo l’utilizzo di frasi fatte, copiate qua e là, rimbalzate nelle «echo chambers» di turno. E la vittima prima è il cibo, realtà che non è, non può essere solo merce o comodo appoggio per battaglie politiche (alcune di valore davvero infimo), la vittima seconda, più o meno inconsapevole, siamo noi che come unica arma di difesa abbiamo solo l’informarci, il leggere pareri anche contrastanti, l’attingere alla fonte dell’informazione, non solo all’ultimo, inquinato, rivolo che arriva sullo schermo del nostro smartphone, spesso sotto l’unica forma di titolo.