2021 Osti e osterie (bresciane)

«“Non riesco a capire fino in fondo quale sia il carattere dominante dell’osteria di oggi…” ho detto ad alta voce. Mia moglie, sgranando gli occhi con l’aria di chi dice “questo è tonto” mi fa “Oggi? Ieri e oggi l’osteria è quella con l’oste, no?!“.»
Marco Bolasco da cibario

«Ci siamo resi conto – … – che queste pagine sono una testimonianza importante di un pezzo di Paese, rappresentano una comunità fatta di osti, di territori e di appassionati avventori che le osterie le vivono. Le piccole grandi economie di territorio, fatte di gestioni familiari, di imprese agricole, di reti virtuose, hanno saputo resistere e da piccole trasformarsi e apparire grandi a chi non le conosceva ancora.»
Marco Bolasco, Eugenio Signoroni da Osterie d’Italia 2021

Mi sovviene un film con Peter Sellers, per me delizioso, interprete e film allo stesso tempo: Being there, essendo lì, esserci… Che diventa, declinandolo per l’occasione, resisting, resistendo: spesso a conduzione familiare, oppure costruite attorno a una figura, solitamente dalla struttura agile, probabilmente più resilienti di altri locali della ristorazione italiana, anche se messe, come quasi tutti, a dura prova da questo 2020 davvero bisesto e funesto. Per quanto possa servire ai due coordinatori, Bolasco e Signoroni, non posso che approvare questa uscita e celebrarla con un breve post che riporta i locali segnalati nel bresciano. Pressoché senza commento alcuno, anche se con qualche aggiunta frutto di personalissima riflessione, non certo polemica.

S’inizia, in ordine strettamente alfabetico per località, con la Dispensa di Adro (frazione Torbiato per l’esattezza), da tempo scorporata dal ristorante che ora si chiama Natura e ha proprio e separato ingresso, mi fa piacere che si sia smesso di considerare prioritaria la fascia di prezzo, scelta che in passato ha creato qualche incongruenza e omissione. Seguono Le Frise della famiglia Martini, luogo un poco da conquistare sopra l’abitato di Artogne, località Riva dei Balti. A Borno, sempre Val Camonica che dimostra essere una delle valli più ricche e attive sotto questo profilo, Al Cantinì e nel capoluogo Al Bianchi. Sul capoluogo penso ci sia almeno un’alternativa, ed è il Licinsì di Kilometri Zero sempre più attento a scelte e ricette, anche se non nel centro storico bresciano che appare paradossalmente sguarnito in fatto di locali degni di nota a meno non si consideri l’Osteria della Zia Gabri, forse penalizzata dalla maggiore difficoltà, di là dal nome, ad inquadrarla nella categoria.

Dopo Brescia Brione, che oltre alla presenza della Madia di Michele Valotti, sempre più di ricerca i suoi menu, è nel mio cuore per una poesia di Lento Goffi:

Brione

La pioggia improvvisa e battente
ha disperso i fanciulli
che sulla piazza con rapidi tocchi
si lanciavano una povera palla
di stracci. Scapigliato ed indolente
uno smunto adolescente
osserva la pianura
che ai suoi piedi si distende, percorsa
da mandre di nuvole
grigie. Una sigaretta
lentissimamente gli si consuma
tra le ironiche labbra.

Ancora la Valle dei Segni per una novità: l’Osteria Concarena di Cerveno, grazie a Flavia Rebuffoni e Alessandro Gallo che hanno non solo fatto precisa scelta di valorizzazione delle materie prime locali, compresi vini, birre e liquori, ma davvero puntato a ricreare un’atmosfera, un senso. Ci spostiamo in alta Val Trompia con il Tamì di Collio per poi fare un vero e proprio «salto» sino ad arrivare alla bassa bresciana e a un altro locale fresco d’ingresso, è l’Osteria Finil del Pret del giovane duo Silvia Loda, con il fratello Stefano, in cucina e Simone Bianchetti in sala, tanto territorio espresso in modo felice sia nei piatti che in cantina. Poi in un continuo zigzagare nella nostra estesa provincia si ritorna nei pressi di Brescia per approdare all’Osteria del Maistrì di Concesio, località San Vigilio, altro sicuro approdo, del tutto tradizionale che da un paio di anni conta anche su una bella carta dei vini.

Una terza novità, per di più all’insegna del sociale, è Centottanta a Corte Franca, siamo in Franciacorta presso Cascina Clarabella: più di un motivo per giungere qui insomma. Riprendiamo la strada per la nostra Valle maggiore per portarci alla Corte di Bacco, siamo a Edolo, porta dell’alta Valcamonica. Dobbiamo tornare a sud, si fa per dire, per visitare Da Sapì, siamo a Esine, che dell’osteria ha l’essere ottimo biglietto da visita per il territorio, anche qui come alla Madia tanta ricerca… Sempre a Esine viene ancora segnalata (per precisa scelta editoriale tutte le realtà presenti nella scorsa edizione sono state mantenute) la mitica Cantina anche se da poco, l’annuncio è comparso sulla pagina social di Oriana, almeno io lì l’ho letto, il 4 novembre: lei e Giacomo si sono ritirati per godere di un giusto e meritato riposo, nel saluto hanno anche indicato i successori: non me ne vogliano, saranno certo bravissimi ma io commetterò il peccato di San Tommaso prima di consolarmi, sia pure parzialmente, del pensionamento di due figure che porto, davvero, dentro di me. Gavardo, frazione Soprazocco: se dovessimo seguire, prima di ogni cosa, il pensiero iniziale «Ieri e oggi l’osteria è quella con l’oste, no?!», la Trattoria Pegaso di Adriano Liloni non dovrebbe mancare. In più i grandi oli italiani, i non pochi vini da viti distanti una manciata di chilometri, i formaggi e salumi delle nostre valli…

Ora a Gussago, all’Antica Trattoria Piè del Dos, ai piedi della Santissima. Qui, intendo a Gussago, un’altra delle, per me, assenze: lo dico dopo tanta, recente frequentazione e senza nulla togliere al locale di Stefano Pazzaglia e Resi Martinotti, parlo dell’Osteria dell’Angelo, un tempo presente in guida, con Emanuela Rovelli in cucina, il marito Mauro con il figlio Federico, sommelier professionista, in sala. Come sempre convinzione del tutto mia… Una presenza lacustre elegante e attenta quella della Trattoria del Muliner a Clusane (Iseo), il paese della tinca dove su una piazza contesa si affaccia un altro locale, forse poco osteria per dimensioni ma tanto per il tempo e l’impegno che ha dedicato e dedica alla cucina e ai prodotti del Sebino, parlo della Trattoria Al Porto, e ancora su in terra camuna per trovare il Resù della famiglia Gemmi e la loro cucina, nonna e nipote ai fornelli, dove l’alimurgia è il tratto caratterizzante, siamo a Lozio in località Villa. Altro approdo sicuro, il Dalie e Fagioli di Manerba del Garda, che dell’osteria come molti la intendono ha il solo tratto dell’uso accorto di prodotti territoriali con grandi risultati grazie alla presenza in cucina di Fabio Mazzolini, già cuoco stellato, e alla vivacità di Antonella Varese in sala.

Nuovamente cucina lacustre alla Locanda al Lago di Monte Isola, al centro del lago d’Iseo, in località Carzano, riforniti «in casa» dalla pesca dei Soardi, che qui svolgono duplice ruolo. Naturale e ormai storica la presenza dell’Osteria della Villetta a Palazzolo, con Maurizio Rossi e i suoi familiari. Inerpicandoci per tornanti, ma non siamo lontani dal capoluogo, possiamo contare sulla Trattoria Castello a Serle, altro luogo «storico», altra famiglia, quella degli Zanola, con Lorena in cucina ed Emilio, sommelier professionista e figura nota dell’AIS bresciano di cui è stato anche delegato provinciale, in sala. Ben oltre il centro abitato di Serle, sull’Altopiano delle Cariadeghe merita menzione Fausto Bodei con il suo Agriturismo Aquila Solitaria, giovane ma intrigante miscela tra la visione di Michele Valotti e una tradizione venata di contemporaneo, Due mete, anche se non proprio vicine sul lago di Garda: Trattoria Clementina a Sirmione e La Miniera a Tignale: altro percorso ricco di salite e tornanti, ma si viene ampiamente ricompensati all’arrivo.

L’elenco, perché di questo si tratta, se giustamente desiderate maggiori informazioni acquistate una copia del «sussidiario» in una delle superstiti librerie bresciane, magari prenotandola se l’hanno esaurita o non si trova, non penso subirete danno particolare da una piccola attesa, si chiude con Lamarta a Treviso Bresciano – Valle Sabbia e cento anni di storia come riporta il testo – e la Trattoria Cavallino di Vione, località Canè che parla ancora, non può essere solo caso, camuno.

Siamo a un totale, se i conti sono giusti, di venticinque locali, direi non male per la nostra provincia, indubbiamente ne esisteranno altri di validi, che in qualche caso necessitano di credere di più in quello che fanno, che magari necessitano di chiarirsi le idee, fare scelte più precise e puntuali… Vedremo cosa questo tempo porterà, anche se non è, non sarà facile, possiamo utilizzarlo per riflettere, capire, decidere… Di fatto l’Osteria, intesa come archetipo, è luogo d’incontro per eccellenza, di presentazione di una zona, di memoria storica o desiderio di rinnovare una tipologia che penso sia vanto dell’intera nazione, che molti viaggiatori c’invidiano. Luogo per ridare vita a piccoli borghi, per caratterizzarli, baluardo d’umanità per città metropolitane, parte imprescindibile di quella attrattività che rende unico il nostro paese. E l’Oste, od Ostessa che sia, è figura unica, proteiforme, di volta in volta eccessiva, istrionica, pacata, affidabile, che sa di casa anche se talvolta sperimenta, perché lì ci sono le nostre, talvolta dimenticate o rinnegate, radici e un senso unico di convivialità. Non dimentichiamocelo, specie di questi tempi.

Nota: Ad evitare ogni malinteso riporto di seguito i locali che ho aggiunto a quelli contenuti nelle Osterie d’Italia 2021, non certo per utilizzarne in modo velato prestigio e storia, quanto per esprimere la mia personalissima visione, senza pretesa alcuna: Licinsì di chilometri zero e Osteria della Zia Gabri a Brescia, Trattoria Pegaso a Soprazocco di Gavardo, Trattoria Al Porto di Clusane d’Iseo, Agriturismo Aquila Solitaria a Serle, sull’Altopiano delle Cariadeghe.


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