E’ il distillare che consacra un grappaiolo. Il distillare è il «proprio» delle sue mani.
Muta i fattori, grappaiolo-distillare con vignaiolo-vinificare, e il risultato non cambia.
Luigi Veronelli
Mezzo secolo, anzi qualcosa in più, visto che il cinquantenario, le Distillerie Peroni, l’hanno celebrato nel 2019. Dalla coppia fondatrice, anche nella vita, formata da Maddalena Peroni e da Giuseppe Andreoli, alla loro discendenza, i figli Paola, Carlo, Sandro, i nipoti… Non è volere a tutti i costi toccare i facili tasti del coinvolgimento emotivo iniziando con il racconto delle generazioni che si susseguono, quanto l’evidenziare come questa dimensione abbia per tutti gli Andreoli-Peroni particolare significato.

Lo si percepisce dalle bottiglie celebrative, come quelle dedicate ai 50 anni di attività, dalla foto di gruppo che ritrae le tre generazioni presenti ai nostri giorni, dal fatto che dei nipoti siano i nomi utilizzati per chiamare la loro ultima avventura nel mondo dei distillati, anzi, del distillato che ormai da tempo è il più seguito, specie grazie alle sue declinazioni, al suo essere l’ingrediente principale del long drink egualmente da tempo quasi onnipresente: il Gin Tonic. Principale artefice, quanto meno nella parte esecutiva, di questa avventura è Carlo Andreoli, mastro distillatore, che continua la strada tracciata da papà Giuseppe, utilizzando un sistema discontinuo con caldaiette di rame a vapore, in pieno spirito artigianale.

Seguendo una richiesta che pare davvero non conoscere interruzione, nonostante da tempo si parli di un prossimo declino del Gin come distillato alla moda, sono davvero non poche le proposte delle Distillerie Peroni che possono essere distinte in due filoni principali, quello dei gin aromatizzati, tutti aventi come base il loro primo Gin, il Gloria, e quello costituito da approcci più classici che oltre a comprenderlo conta da poco in due nuovi arrivi: Laura e Marco (come molti di voi avrà già intuito partendo dall’immagine iniziale sono i nome degli appartenenti all’ultima, giovanissima, generazione).
Partiamo dall’inizio, ossia dal Gloria, 40 i gradi alcolici per un Gin dallo stile classico, tradizionale quanto meno, quasi un London Dry Gin, dove il sentore delle bacche di ginepro è ben percepibile e mai sovrastato dalle botaniche pur presenti in questa interpretazione di Carlo Andreoli. Ne risulta un Gin estremamente equilibrato, sia che lo si utilizzi nei cocktail classici «short» che in un long drink come l’ormai «nostro» Gin Tonic, i suoi tratti puliti, una certa morbidezza mai eccessiva, portano a risultati dalla grandissima beva: l’unico effetto potenzialmente «negativo» di questo prodotto. Dei botanicals presenti ricordiamo Coriandolo, Finocchio Selvatico, Timo, Salvia… Che come detto «accompagnano» efficacemente il Ginepro senza risultare in alcun modo invasivi.

Sull’onda di quanto il mercato, specie in alcune zone, vuole, Carlo ha messo a punto una serie importante di Gin «aromatizzati», in cui un sentore, un frutto solitamente, ma anche una spezia, viene messo in risalto: nasce una linea composta da Gin con Limone, con Arancia, al Caffè, con Frutti di Bosco, alle More, con Pepe Rosa, al Pompelmo. Assaggiati tutti, in omeopatiche quantità, lisci e a temperatura pressoché ambiente, che poco o nulla concede, pur non considerando l’opinione dei puristi, probabilmente avranno già arricciato naso e papille, devo giocoforza entrare nel campo della soggettività e dell’uso: alcuni possono essere anche piacevoli bevuti in monacale solitudine, a temperature decisamente più basse di quella ambiente, magari con ghiaccio o, perché no? Con una spruzzata di soda, in questo ultimo caso farei ad esempio rientrare Limone e Arancia, nella prima opzione assolutamente quello al Caffè che in tutta onestà potrebbe vivere omettendo la parola Gin… Forse per un pubblico che ama particolarmente note fruttate quello alle More o ai Frutti di Bosco, ma IMHO ci allontaniamo dal concetto di Gin, anche per un Gin Tonic… Espresse queste mie perplessità, in parte condivise dall’autore, prendo atto che sono stati «creati» ad hoc per soddisfare precise richieste.
Da quel ventaglio estraggo, mia piena responsabilità, due prodotti che subito mi hanno colpito: rispettivamente le varianti, definiamole così, al Pompelmo Rosa e al Pepe Rosa. Qui l’integrazione, la misura, l’equilibrio sono del tutto interessanti, le note del frutto e della spezia emergono dal tessuto della base in modo, sempre a mio avviso, ottimale, piacevoli e molto, bevuti di per sé, bene si prestano al gioco degli abbinamenti inaugurato con il post sul Gin Tony. Come in quel caso sono stati preparati due Gin Tonic, usando rispettivamente le versioni Mediterranean e Premium Indian della Fever Tree, di seguito i sintetici risultati.
Gin al Pompelmo, le belle note di buccia di pompelmo rosa si perdono nei toni prevalentemente agrumati della Mediterranean, prevale la componente «dolce» della tonica, ne risulta, ammetto il prevalere dei gusti personali e di una certa impietosità, un Gin Tonic privo di mordente, di freschezza, quasi una gazzosa alcolica aromatizzata agli agrumi, la Premium Indian invece regala un Gin Tonic dove si stacca il bel naso di questo Gin, e in bocca l’amaro della tonica incontra felicemente quello più sottile ed elegante del Pompelmo, in un matrimonio giocato sulla sintonia dei tratti comuni. Promosso a pieni voti e che lunga vita sia!
Diverso il risultato con il Gin al Pepe Rosa, qui gli scostamenti sono decisamente meno pronunciati. Gli agrumi della Mediterranean bene giocano con le note di spezia fresca del Pepe Rosa, la maggiore dolcezza ne contiene le minime punte che risaltano maggiormente nel contesto più amaro dato dalla Premium Indian. Diventa più questione di gusti o di che tratti vogliamo enfatizzare. Promossi entrambi con una certa prevalenza del primo connubio.
Per entrambi il suggerimento di provarli come Long Dring gastronomici, specie con tartare di pesce o crostacei (Mediterranean…). E perché no nella variante di un London Mule…
Ultimi nati in casa Peroni, ricordiamo a questo punto il ruolo di Paola e Sandro, non quello, preciso, svolto all’interno dell’impresa, quanto quello di «degustatori» a seguire e indirizzare il lavoro, le intuizioni di Carlo, due Gin che proseguono la consuetudini dei nomi: Laura e Marco. Più morbido, femminile, caldo, segnato da note di anice stellato il primo, più asciutto, balsamico, fresco, contraddistinto in modo del tutto riuscito da ricordi di Salvia il secondo. Due Gin «premium» da bersi così, centellinandoli, lo s’intuisce dalle bottiglie «importanti» pensate per accoglierli, nonché dalla maggiore, sia pure di poco, gradazione scelta: 42°.
Di fatto oggi estremo baluardo bresciano di questa attività, acquisite nel 2019 dal gruppo Stock – anno a quanto pare intenso per questo tipo di produzione – le Distillerie Franciacorta e pressoché minima nonché collocata in un unico periodo annuale quella dell’Agriturismo Al Lambic della famiglia Bettanini Virdia. Quando in una ricerca del 1890 ne risultano in attività ben 14, escludendo, un tempo erano numerosissimi, gli alambicchi nascosti a produrre, più o meno felicemente, grappa per autoconsumo. Ben vengano allora nuove strade, nuovi percorsi, magari sull’onda di nuove tendenze, filtrate comunque da esperienza, sensibilità e tradizione.
Le immagini sono cortesia delle Distillerie Peroni, tranne la penultima da banca immagini.