Dukka: miscela di spezie e culture

«Il cibo è cultura quando si produce, perché l’uomo non utilizza solo ciò che trova in natura (…) ma ambisce anche a creare il proprio cibo, … Il cibo è cultura quando si prepara, perché una volta acquisiti i prodotti-base della sua alimentazione, l’uomo li trasforma mediante l’uso del fuoco e un’elaborata tecnologia che si esprime nelle pratiche di cucina. Il cibo è cultura quando si consuma, perché l’uomo, pur potendo mangiare di tutto, o forse proprio per questo, … sceglie il proprio cibo, con criteri legati sia alle dimensioni economica e nutrizionale del gesto, sia a valori simbolici di cui il cibo stesso è investito. Attraverso tali percorsi il cibo si configura come elemento decisivo dell’identità umana e come uno dei più efficaci strumenti per comunicarla.»

Massimo Montanari – Il cibo come cultura

Poco più di due settimane, questo il tempo da cui Dukka è aperto, eppure si ha già la sensazione che questi spazi sfuggano in qualche modo all’ineluttabilità del suo scorrere, che in qualche modo ci siano sempre stati o, quanto meno, da quando Iyas Ashkar è approdato a Brescia. Iyas è «… mediorientale, palestinese, nato in una terra che oggi viene chiamata Israele: per me la patria dei miei antenati e della mia gente. Da vent’anni vivo a Brescia, una città che amo e mi rispecchia, una città che mi ha accolto e conquistato con la sua timida bellezza.» per usare le sue parole, riportate nel blog Non Solo Hummus, da visitare se si vuole capire appieno il senso del suo locale. Vero, lo dice spesso, se scambi due parole con lui, dice del suo amore per una città lontana millanta miglie dai luoghi che l’hanno visto nascere e quel «timida bellezza» ci porta come d’incanto alle parole usate da altre persone, lontane queste negli anni, per descrivere la Brescia degli altri, antologia pubblicata da laQuadra di cui ogni bresciano dovrebbe avere una copia.

Dukka, da quanto reperito in rete, è il nome di una miscela di spezie, di origine egiziana ma diffusa in tutto il nord africa e il medio oriente, Dukka, anche con un’acca finale, è composta solitamente da sesamo, coriandolo, cumino e frutta secca, nocciole in particolare, il tutto macinato o pestato, nella versione palestinese accanto al sesamo tostato compaiono erbe aromatiche come timo, salvia, origano, maggiorana. Si usa a fine cottura per carni, verdure o anche formaggi oppure ci s’intinge il pane arabo prima unto con un poco d’olio per realizzare una sorta di bruschetta… Dukka introduce in un mondo fatto, al momento, da una serie di antipasti, da varie declinazione del «piatto forte»: non solo hummus con…, da qualche dolce e dalla proposta di bevande, tra le quali spicca un insieme di zenzero, succo di limone e foglie di menta, assolutamente rinfrescante. Ma Iyas già accenna all’idea di offrire, su prenotazione, una serie di classici della cucina palestinese e mediorientale per arricchire la proposta.

Una dozzina i piatti per iniziare, si spazia dall’immancabile Falafel e tahina, dalle Foglie di vite ripiene di riso, a preparazione come il Rotolo musakhan, pollo al summacco, o le Zucchine fritte al sesamo con menta e pinoli. C’è spazio per tutti, onnivori, vegetariani, vegani, tratto caratterizzante Dukka. Poi si passa all’offerta centrale, non solo hummus con… Un omaggio della cucina a una preparazione mito per Iyas: l’hummus per lui è simbolo, modo d’intendere le cose, linea trasversale che unisce idealmente più paesi del medio oriente, concentrato di sapori e proprietà nutrizionali, il tutto realizzato con pochi, pochissimi ingredienti, di cui ceci e tahina sono le componenti fondamentali. Questa morbida, profumata crema, può via via essere abbinata Con foul, fave nere e limone, Con melanzane e uovo morbido, Con kofta di agnello, Con codone di manzo, Con quinto quarto… A chiudere alcuni dolci come il Katayef, fagottino al forno ripieno di ricotta e un ottimo Gelato alla Tahina, realizzato per Dukka da Roberto Bedont, nome ben conosciuto a Brescia per gli amanti del gelato, ed è questa delle collaborazioni, degl’incontri, un altro dei dettagli che segnano la visione di Iyas e del suo locale. Tutto piacevole, fresco, vero.

Sarebbe riduttivo, oserei dire quasi sempre, ma in questo caso in particolare, fermarsi alla proposta gastronomica senza accennare, almeno a grandi linee, all’atmosfera che pervade il tutto, e che è possibile toccare con mano, sentire con il palato, vedere con gli occhi… Non è cucina fusion nel senso preciso, e corretto, del termine, non esiste di fatto un intreccio, un incontro o miscela di cucine diverse, in questo caso con quella italiana o mediterranea in senso allargato, e quella mediorientale o palestinese in particolare, quanto l’assimilare, il condividere la nostra attenzione per il cibo, per i prodotti utilizzati, per la presentazione dei piatti… Tenendo poi ben presente l’evoluzione che in Palestina sta vivendo la cucina, grazie alla nascita di una vera e propria scuola alberghiera, capace di fare ricerca sulla tradizione e da lì evolvere, crescere, allargare i propri orizzonti.

Ma altrettanto riduttivo non soffermarsi, almeno un attimo, a riflettere quanto il cibo, le ricette, la cucina nel suo complesso siano espressione precisa e diretta di un’identità culturale, di tratti caratterizzanti, che per un popolo come quello palestinese possono essere, siano, modalità importante per proclamare il diritto a essere vissuti come tale, a sentirsi come tale, ad avere spazi autonomi, universalmente riconosciuti, universalmente rispettati, perché come enuncia la Dichiarazione di Città del Messico sulle politiche culturali del 1982 «l’affermazione dell’identità culturale contribuisce alla liberazione dei popoli.»

All’interno del locale, tutto da scoprire dato il periodo da cui veniamo, un dipinto è la summa di questa visione, il titolo dell’opera, realizzata da Vera Bugatti, street artist e bibliotecaria bresciana, autrice di un recente murale nel quartiere San Bartolomeo, è Handala è tornato a casa, Handala è un bambino nato nel 1969 dalla fantasia e dall’intelligenza dell’artista, vignettista, palestinese Naji Al-Ali che lo ritrasse sempre di spalle, sino alla sua morte avvenuta a Londra nel 1987, in segno di condanna verso quello che accadeva nella sua terra e con il proposito di mostrarne il viso solo quando la situazione sarebbe radicalmente cambiata. Vera Bugatti lo ritrae frontalmente, in un contesto ricco di elementi simbolici e di speranza: rimando alla sua descrizione chi volesse approfondirne il significato. A me ora basta un: lunga vita a Dukka.

Le immagini sono cortesia di Iyas Ashkar e provengono per lo più dalle sue stesse pagine fb, rimango naturalmente a disposizione di qualsiasi autore delle stesse per l’attribuzione corretta, l’immagine comprendente il murale di Vera Bugatti è riportato nel post dedicato sul blog dell’autrice.

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