«Il piolo della scala non è stato pensato per far riposare il piede ma solo per tenerlo lì abbastanza a lungo da permettere di mettere l’altro un po’ più in alto»
Thomas Henry Huxley – Biologo e filosofo inglese

Il saltatore in alto sa benissimo che dopo essere riuscito a superarla, di certo con fatica, studio e allenamento, l’asticella sarà alzata. Lo sa anche il pubblico che siede sulle gradinate che si affacciano alla pista di atletica o è comodamente seduto sulla poltrona preferita. Nessuno lo ignora. Ben diversa appare la situazione in altri campi, ad esempio in quello della ristorazione, in non pochi paiono pensare che il tempo si sia fermato, che basti cucinare qualcosa, proporlo a un prezzo accettabile per il cliente – dove l’accettabile ha complessa costruzione – per assicurarsi una più che sufficiente frequentazione. Eppure anche in quel preciso settore l’asticella si è alzata. Non di poco peraltro.
Artefici di questo ennesimo cambiamento più che altri locali, altri interpreti, anche se appare indubbio l’avanzare di tecniche, strumenti e procedure nelle cucine italiane, nonché un ripensare alla direzione, meglio, alle possibili direzioni della trasformazioni, sono altre realtà, quelle della distribuzione in particolare. Forse, la mia semplice ipotesi, l’avere preso atto che una competitività giocata solo sul prezzo sia giunta nei pressi della sua obbligatoria fine – i margini dei componenti della filiera sono sempre più risicati – specie quando si parla di catene che del «food», del locale, hanno da sempre fatto bandiera. Così la varietà, la particolarità, il dare accesso a prodotti che un tempo erano disponibili unicamente alla ristorazione sono diventate alcune delle particolarità messe in atto dalla GDO per assicurarsi nuovo pubblico o una certa fidelizzazione da parte di quello esistente.
Ne è chiaro esempio la gamma di alimenti proposta dall’ultimo punto Esselunga in via Triumplina, dove con un budget medio, medio-alto, è possibile acquistare, quasi, di tutto, magari con qualche settore un poco più appannato di altri. Vogliamo sfidare la sua linea di panificazione? Tanti, dal discreto al buono, formati, varietà proposte, tante anche già affettate, comode per tanti… Grosse pezzature, focacce, farcite o meno, pizze, specialità regionali… Il tutto in un banco, in una serie di banchi, mai vuoti, che mai denunciano un calo della gamma… Seriamente, quante rivendite, ma anche quanti laboratori sono oggigiorno in grado di fare altrettanto sette giorni su sette? Per non parlare dell’offerta in buona parte, la maggiore, della ristorazione: qualche, triste, panino, chiaramente decongelato/rigenerato, dei grissini… E dire che ormai anche in questo settore, volendo scegliere e potendo spendere quel minimo in più è possibile trovare soluzioni di tutto rispetto.
Tra le verdure troviamo non solo, non più, le consuete referenze ma il cavolo cinese, le cime rape, più tipi di cetrioli o di pomodori, diverse varietà d’aglio, sino a quello nero, fermentato… Così per la frutta, anche tagliata, frullata, per le sempre meno capaci mani di uomini e donne. Anche i classici banchi del fresco hanno subito un’evoluzione talvolta spiazzante, quello del pesce, della carne… Avete voglia di un tomahawk di Angus? C’è, di arrosticini di agnello? Ci sono. Oppure di preparazioni come il Pulled Pork già pronto da scaldare e sfilacciare? Come sopra. Di gelati che si misurano alla pari, quando non sovrastano tout court tristi assemblaggi con partenza da anonimi semilavorati? Troverete anche quelli…

Ho scoperto da poco che la catena più «bresciana» esista, quella a marchio Italmark della famiglia Odolini, offre un servizio che solo meno di una manciata di anni fa sarebbe parso fantascientifico: sul sito web in una sezione dedicata è possibile scegliere un taglio di carne che è stata «maturata», «frollata», con la tecnica del Dry aged, arrivando persino a indicare un tempo superiore di affinamento secondo il proprio desiderio e poi ritirarlo in un paio di punti vendita che, per ora, effettuano tale, particolarissimo, servizio. Cito poi, solo di sfuggita, il loro progetto «Produttori locali» che conta un insieme eterogeneo di realtà ed è ancora poco comunicato a livello di punto vendita ma che ha potenzialità non indifferenti e permette di accedere a qualche referenza davvero interessante.
E la ristorazione? Molte volte sta a guardare, continua ad acquistare per consuetudine, comodità, prezzo. Non sempre fa ricerca, talvolta ignora in blocco tutte le possibilità offerte dal proprio territorio, o da quelli vicini, almeno geograficamente. Ha carte dei vini inesistenti, oppure confezionate, inequivocabilmente, a tavolino: peccato non loro. Pare conoscere solo una farina di mais, non bresciana per carità… Pensa che l’olio extravergine d’oliva sia qualcosa di unto che non merita particolare attenzione – eppure sulla triade pane olio e vino possiamo sostenere un’intera civiltà – o che dedicare tempo a comunicare tutto ciò sia semplicemente tempo sprecato, assolutamente non remunerativo.
L’asticella si è alzata, possiamo accedere in modo relativamente facile a prodotti un tempo inimmaginabili, acquistare vaschette di hummus e di guacamole freschi. Prima che qualche sdegnata voce si alzi dico subito che sì, certo, il livello è ancora, magari decisamente, migliorabile, specie per alcune referenze ma… Confrontiamoci con la realtà, con il quotidiano poi, se vorrete, riparliamone. Studi e ricerche, quelle nel campo dei trend futuri parlano tuttavia di un non facile proseguo, di radicalizzazione nell’offerta, che dovrebbe vedere due categorie emergere e dominare: l’e-commerce e i negozi di vicinato, due realtà pressoché opposte e senza vie di mezzo…
Nuovamente, e la ristorazione? Lasciamo per un attimo da parte soluzioni come le dark kitchen e le ghost kitchen, alle quali stanno pensando, guarda caso, gli attuali colossi del delivery, sì proprio quelli a cui non pochi ristoranti hanno affidato parte del loro futuro, concentriamoci su cosa è possibile per loro fare per ritardare, contrastare o minimizzare questo scenario ed emergeranno una serie di parole e concetti come identità, trasparenza, sostenibilità, imprenditorialità, ricerca, senso etico, comunicazione… Parole che come già detto vengono per lo più rigettate con aria annoiata e sufficiente, parole giudicate insufficienti quando non beffarde, specie dopo il durissimo periodo che il settore ha vissuto e sta vivendo ma che meriterebbero, quanto meno, un minimo di riflessione da parte di tutti.

Le immagini provengono da banche free escluso quella del tomahawk che proviene dalla pagina Facebook del gruppo Italmark. Come sempre resto a disposizione per qualsivoglia richiesta.