La cucina di una società è il linguaggio nel quale essa traduce inconsciamente la sua struttura
Claude Lévi-Strauss
Da un paio di giorni ho fisicamente nelle mie mani osterie d’Italia 2022 di Slow Food Editore, come sempre Sussidiario del Mangiarbere All’Italiana. Già dalla copertina veniamo informati che sono 1713 i locali consigliati da Slow Food, si evince che la pubblicazione è diretta emanazione dello storico movimento. Un’edizione dai tratti particolari, la prima dopo che la pandemia ha di fatto allentato la sua morsa, sono tornate le Chiocciole, simbolo che indica particolare adesione, particolare sintonia con i suoi valori, la sua «Weltanschauung». Non poche novità, 120 dicono i numeri, alto nel complesso il numero dei locali valutati, visto che, lo dichiarano nell’introduzione i suoi curatori – Marco Bolasco ed Eugenio Signoroni, non pochi locali hanno purtroppo chiuso, altri cambiato gestione e visione della proposta. Altra constatazione un aumento quasi generalizzato dei prezzi con un divario tra nord e sud sempre evidente.
Inutile negarlo: dopo un frettoloso sfogliare del volume ci si sofferma alla nostra provincia, si va alla ricerca delle novità, delle conferme, delle esclusioni… E si è colti, non obbligatoriamente per carità, dalla sindrome dell’allenatore della nazionale, assai diffusa tra le persone di sesso maschile e di età superiore ai trent’anni, giusto per indicarne una. Io qui avrei, io là certo che… Non me ne sottraggo anche se perfettamente conscio della sua assoluta inutilità: come diceva il grande Alberto Sordi, con quel suo cinismo tipicamente nazionale «Io so’ io e voi non siete un cazzo», naturalmente il mio è un gioco, non credo certo che i collaboratori della guida pensino e ancor meno si esprimano in questi termini. Doveroso inoltre tenere presente come i tempi editoriali sono diversi dai tempi entro i quali avvengono cambi di gestione, di cucina… E che non è certo facile seguire i secondi con i primi.
E poi, suvvia, chi è alieno ad antipatie, simpatie, sensazioni della prima volta, intellettualizzazioni, razionalizzazioni… Se non il mio amico, perdonami per questa piccola violenza, Valerio Massimo Visintin che si avvale però di un costume da supereroe, divisa che lo aiuta a porsi in una dimensione preclusa a noi poveri umani. Ventitré i locali bresciani segnalati, sette le Chiocciole, numero importante visto che in tutta la Lombardia ne sono state assegnate diciannove: il 36,84% e spiccioli sono qui… Vediamolo un poco più da vicino.
In ordine rigorosamente alfabetico per località. Adro, Dispensa Franciacorta (questo il nome con il quale si definisce ora il locale e non il passato Dispensa Pani e Vini ancora riportato), Daniele Merola guida il tutto sotto il concetto di «Oste Diffuso», finite, al momento, le distinzioni tra locali con la chiusura di Natura è «l’Osteria moderna» pensata in tempi non sospetti da Vittorio Fusari a primeggiare. Artogne, Le Frise della famiglia Martini, i formaggi di Gualberto, e la sua relativa cultura, sono realtà che non è certo possibile disconoscere, ora in compagnia dei salumi di Luigi e della tradizionale offerta di ristorazione. Borno, Al Cantinì, un locale «giovane», che contempla anche una proposta a base di pizza, conferma la sua presenza nella guida. Brescia, Al Bianchi, unico rappresentante in guida delle «osterie» cittadine, locale storico, celeberrimo per i suoi aperitivi all’insegna della brescianità, un paio di visite, non in tempi recenti, restituiscono l’idea di un bel luogo che vive, forse un poco troppo, di fasti passati, di quel ruolo di «unica realtà» cittadina che va comunque premiata. Massimo rispetto per il lavoro di anni ma ecco, forse qualcosa ora si muove – El Licinsì di kilometriZero, La Grotta – in altre zone del capoluogo, e l’ennesima conferma corre il rischio di rassicurare una passione divenuta routine. Brione, La Madia, quante, quante volte ho parlato della Madia, qui, sulle pagine del Corsera Brescia, con amici, conoscenti, illustri sconosciuti. Nulla è cambiato nella mia stima, nel mio affetto, per Michele Valotti, ma sarei poco sincero se non confessassi che i due menu fissi con il rigore, l’essenzialità di alcune preparazioni siano in grado di regalare stille di perplessità, non tanto in me ma in quelli che frequentavano questo locale perché simbolo di un equilibrio perfetto tra tradizione e ricerca, fonti ed elaborato. Spero assolutamente di sbagliarmi, come di avere la possibilità di constatarlo di persona.
Cerveno, Osteria Concarena, secondo anno, riconferma, di questa che è, a mio personalissimo avviso, uno degli esempi più calzanti di Osteria sociale, ossia di locale che ha preciso ruolo nella vita di un paese, ora sono rimasti loro: Alessandro Gallo in sala e Flavia Rebuffoni in cucina, lunga vita a voi, lunga vita alla funzione che esercitate e, piccola cortesia, mettete online il menu d’autunno… Collio, Tamì, non importa come lo si voglia definire, forse Osteria è termine un poco «stretto», ma i cibi sono golosi, giustamente d’antan e nel panorama della zona il Tamì grazie ai fratelli Lazzari brilla come stella. Comezzano Cizzago, Finil del Pret, un’altra via per il concetto di Osteria moderna, Simone sempre più a suo agio in sala, gli anni talvolta fanno davvero inaspettati regali, Silvia Loda con il fratello Stefano in cucina. Avanti così a dare movimento e lustro alla nostra Bassa. Concesio, Osteria del Maistrì, altro esempio, che bella la diversità, di Osteria, una famiglia, un Oste perennemente in cucina, un approdo sicuro che talvolta, colpevolmente, dimentico, i detrattori? Non ragioniam di lor, ma guarda e passa.
Edolo, La Corte di Bacco, il locale di Marco Di Dedda, uno dei non pochi che ci dice come la Valcamonica – abbiamo già incontrato Al Cantini, l’Osteria Concarena e fra poco ne troveremo altri – sia valle a sé stante, con un patrimonio da non disperdere. Esine, Da Sapì, grande cucina quella di Mauro Vielmi, grande attenzione a prodotti del territorio vissuti partendo dalle radici per poi spaziare con giudizio, poi di altri tratti dell’Osteria fatico seriamente a trovare traccia, questo non inficia certo proposta e locale, solo mi chiedo se ragionevoli forzature siano sempre state fatte con eguale misura per tutti. Grande assente dopo anni di presenza in guida La Cantina di Oriana Belotti e Giacomo Bontempi, che ha chiuso i battenti con la complicità del confinamento: peccato, abbiamo perso, vane le speranza di continuità, un locale pressoché unico nel mantenere in vita quando non di riportare a nuova vita, piatti camuni quasi dimenticati. Purtroppo non sarà un Gin Tonic a consolarci, detto da uno a cui alcune miscele lasciano non certo indifferente.
Gargnano, Locanda Genzianella, novità per la Guida, novità per il sottoscritto, non mi resta che prenderne atto e confidare in tempi migliori per visitarla, ma, ci mancherebbe, benvenuti a loro… Gussago, Antica Trattoria Piè Del Dos, siate comprensivi io ancora ricordo che qui c’era uno dei locali che amavo: L’Artigliere di Davide Botta, ciò detto complimenti a Stefano Pazzaglia per la Chiocciola – dopo le citeremo tutte -, figura dall’indubbia personalità, purtroppo e lo dico seriamente non mi è stato ancora possibile, mea culpa, provare la loro cucina. Parlavo prima dell’uscita, per chiusura, della Cantina di Esine, qui invece annoto la scomparsa, sono due edizioni della Guida, dell’Osteria dell’Angelo, non contesto, ci mancherebbe, mi chiedo semplicemente se ancora una volta è possibile parlare di equità di giudizi vedendo altri locali permanere di là da meriti e demeriti di cucina, ricerca dei prodotti e cantina. Iseo-Clusane, Trattoria del Muliner, ossia Andrea Martinelli in cucina e Mauro Begni – non gli sarò mai abbastanza grato per essere stato l’unico ristoratore bresciano presente al primo incontro in quel di Bergamo per il progetto East Lombardy – in sala a raccontare con precisione ma senza mai assillare la loro filosofia e le non poche etichette della ben fornita cantina.
Lozio, Al Resù, altra realtà camuna della Guida, altra realtà che non ho mai frequentato ma di cui ho potuto, almeno in un paio di occasioni, assaggiare i piatti nonché complimentarmi con Greta Gemmi, giovane e talentuosa cuoca, in cucina con la nonna a comporre portate di grande identità, che parlano di natura in una proposta senza tempo… Manerba del Garda, Dalie e Fagioli, che dire se appena appena si conoscono le capacità, e l’umiltà, di una figura come Fabio Mazzolini, già chef stellato al Quintessenza giusto per dirne una, come il carattere, la volitività di Antonella Varese in sala? Semplicemente che è un posto in cui si torna sempre con piacere ma che poco o nulla ha a che fare con un Osteria, di là dall’accorto uso di prodotti del territorio. E anche qui la memoria corre a diversi giudizi e interpretazioni. Monte Isola – Carzano, Locanda Al Lago, regno di una famiglia, i Soardi, che ha eletto il lago d’Iseo, il Sebino, come casa, se una volta volete capire che cosa sia una cucina ittica d’acqua dolce, ecco, questo è il locale giusto. Palazzolo sull’Oglio, Osteria della Villetta, penso si sia ormai detto il dicibile su questo luogo, emblema dell’Osteria secondo Slow Food, come dei suoi piatti, alcuni vere icone – Antonietta Cassisi, moglie di Gualtiero Marchesi, ne adorava le polpette – pressoché immutabili nel tempo, poche, pochissime e meditate le aggiunte, con il di più di un’ottima cantina.
Serle – Castello, Trattoria Castello, Marino Marini ha dedicato a questo locale un intero capitolo nella nuova edizione (2013) del suo immancabile La Cucina Bresciana, intitolandolo semplicemente Serle, Trattoria Castello e chiudendolo in questo modo «Il locale degli Zanola è stato per vent’anni ai vertici della guida Osterie d’Italia a dimostrare quanto, passione ed efficienza, possano pagare chi resta attivo e cosciente del ruolo che si è ritrovato a interpretare» Credo non servano altre parole, come il dire quali preparazioni l’hanno resa celebre, grazie Lorena, o parlare della cantina di Emilio. Un omaggio a una storia? Perché no? Serle – Cariadeghe, Aquila Solitaria, ne ho appena scritto, nel post precedente, inutile aggiungere altro se non che è una delle nuove presenze della Guida 2022. Sirmione – Rovizza, Clementina, altro locale, e non è al suo esordio in Guida, di cui sinceramente non so alcunché, mi auguro di potere provvedere ma di questi tempi mi sento davvero foglia al vento… Tignale – Gardola, La Miniera, il locale di Sergio e Silvia Demonti, un altro di quei luoghi a cui ti affidi con piacere, piatti concreti, il tartufo locale in stagione, il lago e il monte a dialogare, la cantina di Sergio, gli oli… Treviso Bresciano – Vico, Lamarta, ultimo, per fortuna, mitico, locale che purtroppo non ho mai visitato, per di più con una fresca Chiocciola… Chino il capo… Non appare più, era presente sino alla scorsa edizione (2021), il Cavallino di Vione che presumo, il locale appare regolarmente aperto, uscito dalla Guida.