“L’un contro l’altro armat(i)”

È strano come tutti difendiamo i nostri torti con più vigore dei nostri diritti
Khalil Gibran, Il Profeta

L’un contro l’altro armato, così diceva dei secoli Alessandro Manzoni nella sua ode Il cinque maggio, dedicata alla scomparsa di Napoleone Bonaparte; cambio di vocale finale ed eccoci ai nostri giorni, ad assistere all’ennesimo conflitto tra chi, in vario modo, si occupa di ristorazione e gli utenti finali. Dal toast diviso a metà, al costo della stoviglia supplementare, passando dallo scambio dei locali rei del misfatto. La sensazione è ormai quella di un perenne conflitto che vede contrapposti due mondi, quello, appunto, dei fornitori di servizi legati alla somministrazione di cibo e quello dei consumatori.

Due mondi che alla luce di quanto emerso dai quotidiani, dai social media, paiono sempre più non solo contrapposti ma quasi, paradossalmente, ignari l’uno dell’altro. Eppure avrebbero, IMHO, da guadagnare entrambi resettando convinzioni e posizioni e ponendosi un poco al reciproco ascolto. Senza dare inizio a un elenco difficilmente esaustivo e giocoforza noioso, sono innumerevoli i punti sconosciuti o ignorati dai contendenti, da una parte si rimane ancorati a visioni che non appartengono più al presente, si pensa che basti avere una buona proposta, già sarebbe un’ottima base, per avere esaurito i propri compiti, o che il cliente sia un bene non fidelizzabile, da sfruttare al massimo per il tempo concesso, dall’altra che siccome pago, magari un importo da me ritenuto chissà come congruo, abbia il diritto di comportarmi come mi frulla per il capo e pretendere qualsiasi cosa ritenga anche minimamente legato al servizio che sto ottenendo.

Si prosegue per eccessi, non si fa il minimo sforzo per capire che dall’altro lato della barricata, per restare nel concetto di scontro, ci sono legittime esigenze, dovuti obblighi a cui attenersi. O, nuovo cambio di fronte, ci si dimentica di essere biglietti da visita di un territorio, tasselli importanti della sua identità, attori fondamentali perché a una destinazione venga richiesto un bis… Ancora di là, che gli addetti alla ristorazione italiana lavorino spesso sotto personale, perché ora questo settore è meno appetibile di un tempo, che i costi per chi vuole, giustamente, essere in regola sono ai limite della praticabilità, e ci si scontra per richieste talvolta paradossali… Scordandoci di quanto sia fondamentale la reciproca trasparenza, la dovuta informazione, il comune rispetto.

Confessiamolo, la maggior parte di noi si è allontanata dal quotidiano cucinare in casa, serie statistiche dimostrano come il tempo dedicato a questa incombenza sia in calo da decenni, e con il venire meno di una consuetudine un tempo dovuta è parallelamente calata la conoscenza dei tempi di cottura, del valore di molte materie prime, del come sia difficile con brigate spesso ridotte all’osso realizzare in modo sincrono sei primi diversi per lo stesso tavolo. Da ambo le parti si è con frequenza nervosi, insoddisfatti, rancorosi, e un tempo che, a seconda delle occasioni, dovrebbe essere prevalentemente di stacco, di pausa, diventa occasione principe per sfogare le proprie criticità.

Molti poi sono diventati per tocchi di magica bacchetta chef, sommelier, cuochi creativi, star dei media, degustatori professionali, critici gastronomici, sciorinando litanie senza capo né coda, proponendo impiattamenti e abbinamenti sconsolanti, scrivendo recensioni ai limiti, e spesso oltre, della querela, nonché trasudanti crassa ignoranza su compiaciuti e compiacenti portali, in una babele in grado di travolgere chiunque non abbia sufficienti e solida autonomia.

Ricordo anni fa, non per proclamare aliene superiorità o bearmi di una facile esterofilia, in un ristorante spagnolo, il piacere datomi da un nonno che seduto con l’intera famiglia a un tavolo vicino spiegava ai nipoti il perché di una ricetta tradizionale che stavano assaggiando. Il senso concreto del termine tradizione, dal latino tradere, dare, trasmettere oltre, che non significa rimanere fermi, imbalsamati, cristallizzati in una talvolta solo presunta superiorità. Forse abbiamo dimenticato questo piacere, che tale è, forse il vuoto generazionale che abbiamo alle spalle, se non proprio la mia di generazione, certamente quelle seguenti, tranne per pochi, per me, fortunati ha prodotto questa e altre distorsioni.

Riappropriarci di un poco di conoscenza, che non è certo quella propinataci da imperanti trasmissioni, sarebbe positivo per tutti, riconoscere i nostri limiti, le nostre reali competenze, degno companatico, perché proseguendo su questa china non vedo altro che ulteriori cadute, sempre più rovinose e sempre meno rimediabili. Queste poche note sarebbero davvero bisognose d’integrazione, di commento, sarei gratificato dal sentire la voce di ristoratori, addetti ai lavori, pubblico, appassionati. Temo però di andare incontro l’ennesima, cocente, illusione e di continuare ad assistere a un vuoto e sterile conflitto.

3 commenti Aggiungi il tuo

  1. Davide ha detto:

    Purtroppo è tutto figlio della moderna e democratica accessibilità all’informazione e alla pubblicazione dell’informazione. Arricchito dal fatto che, a quanto pare, ancora oggi all’essere umano piaccia lo “scontro”.
    Da qui il successo di determinati programmi TV da “gourmet” (sottolineo la virgolettatura) e il travaso delle emozioni generate da questi dentro canali social più o meno dedicati alla ristorazione.
    Come prima l’ignorante poteva alla peggio urlare le proprie (pessime) opinioni al bar di paese, ora chiunque nel mondo può raggiungere le sue opinioni. E se una volta un coperto extra da 2 euro moriva come commento tra le mura di quattro massaie (col rispetto per le massaie), oggi viene ripreso anche dalla stampa perché fa sensazionalismo. Con le conseguenze psicologiche (spesso non considerate) che questi commenti, e la loro amplificazione, hanno sulla vita lavorativa (e non) del semplice ristoratore che semplicemente ha cercato di far rispettare il proprio lavoro.
    Comunque, dal mio punto di vista, la spirale è appena avviata e non siamo vicini alla conclusione.

  2. Carlos Mac Adden ha detto:

    Grazie del commento Davide, anche gli aspetti che metti giustamente in rilievo concorrono alla degenerazione attuale e sì, temo anch’io, siamo lontani da un cambiamento radicale

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