Clima, agricoltura, società

L’agricoltura è l’arte di saper aspettare
Riccardo Bacchelli

Ormai assodato che in questo paese, ricco di contraddizioni quanto pochi, ogni evento, situazione, crea rapidissimamente una dicotomia dei suoi abitanti, chi si schiera da una parte chi da quella opposta. Rare le vie di mezzo, rari i ragionamenti: bianco o nero, pro o contro, si o no, vero o falso. Con le conseguenze che sono sotto gli occhi di noi tutti, naturalmente anche qui la divisione è netta, chi le vede e chi no o, comunque, dice di non vederle. Così è per il tempo, quello metereologico bene inteso, ricco di eventi abnormi, di piogge battenti, di grandine dalle dimensioni ciclopiche, di fenomeni che alle nostre latitudini, nel nostro paese, raramente si verificavano con queste intensità e caratteristiche.

Ma non è, rassicuratevi, esattamente della mia visione su un tempo apparentemente impazzito il contenuto di questo post, quanto, di là dalle cause, dalle origini, come lo stesso ha colpito e ancora infierisce su un’agricoltura già duramente provata. Possiamo iniziare con le immagini che ciascuno di noi serba nella memoria, il periodo all’incirca quello delle prime due settimane di maggio, i luoghi oltre una quarantina di comuni emiliani e romagnoli, acqua che scorre su fiumi urbani privi di qualsivoglia argine, fango che copre ogni cosa lasciando poi una crosta sterile e soffocante. Un 42% della superficie agricola devastata, oltre 20.000 aziende agricola colpite, 1,5 miliardi di euro di danni l’approssimativa entità economica, sono i dati sconcertanti di un clima che ha, in tempi assolutamente brevi, stravolto un’intera regione caratterizzata da una presenza importante di coltivazioni e allevamenti.

Da quei fotogrammi situazioni critiche che parlano nuovamente di temperature oltre le medie, di piogge torrenziali e continue, di venti capaci di scoperchiare tetti, sradicare alberi, sino a giungere nella settimana da poco conclusa, ancora la grandine come principale imputata, allo scoraggiante paesaggio d’interi vigneti colpiti nella nostra provincia. Ed è su questo aspetto che vorrei invitare a una riflessione, non per questo dimenticando i danni, talora ingenti ad altri comparti della nostra società, sino a proprietà e mezzi privati, ma è giocoforza circoscrivere il mio dire. Indubbiamente ci sono state e ci saranno speculazioni, ma è davvero innegabile che prezzi in assoluto rialzo e scarsa disponibilità di non pochi prodotti agricoli sono di fatto dovuti ai fenomeni accennati.

Perché coltivare è da sempre alle mercé del tempo, del clima, specie per quelle colture che richiedono un altro tempo, quello cronologico, per dare, non è metafora, i desiderati frutti. Olivicoltura, viticoltura… Tutte quelle coltivazioni che permettono un solo raccolto all’anno in primis, senza escludere, me ne guardo bene, alcuna coltura in campo aperto. Pensiamoci, fermiamoci un istante prima di scuotere frettolosamente il capo di fronte alle prossime, future, assenza di alcuni prodotti, o guardando i cartellini dei prezzi di altri generi sui banchi di una rivendita, di un supermercato. Riflettiamo che quello che per noi è comunque una rinuncia, voluta od obbligata, per un coltivatore è un intero anno perso o fortemente compromesso, che tutto o gran parte del lavoro di mesi è stato annullato in un giorno, un’ora, talvolta qualche manciata di minuti.

E non sempre l’evento ha i tratti della tempesta, della grandine, di qualcosa che distrugge e danneggia visibilmente, a parlare Rino Soprano dell’azienda agricola Terre del Sovescio che in quel di Itri, provincia di Latina, produce un grandissimo extravergine: « … pioggia durante la fioritura dopo anni di siccità tutta quella pioggia, sembra abbia fatto vivere due primavere all’Ulivo, che invece di andare a frutto ha pensato di rivestirsi di foglie due volte. Alberi bellissimi, ma senza olive.» La correlazione con il clima è chiara, così come appare chiara l’influenza delle umane attività «Durante il Covid, quando il mondo si è fermato, è stata una delle più belle stagione da quando facciamo questo lavoro, otto anni.»

Riscopriamo insomma l’umana empatia, il senso di condivisione, che non vale solo e soltanto per la cena in vigna, l’innovativa e crescente autoraccolta, partecipiamo per quello che ci è possibile, a volte basta una semplice parola, un abbraccio, una stretta di mano, l’acquisto di una bottiglia di trascorse annate, i miei semplici esempi, perché, con tutto rispetto verso altri tipi di produzioni, l’agricoltura è il prodotto della terra che noi tutti, di volta in volta, calpestiamo, tocchiamo, guardiamo, dell’aria che noi tutti respiriamo, del clima che noi tutti viviamo. Mi sono impegnato a non mettere in campo le mie personali e sprovvedute opinioni ma un piccolo, costante, impegno personale, la classica goccia versata nel mare o sull’incendio, lascio a voi la scelta, ha un suo preciso senso.

Premiamo, sosteniamo per quanto possibile i nostri contadini – è complimento non certo spregio – in questo momento, riduciamo quantitativamente alcuni nostri acquisti operando scelte qualitative e sostenibili, passiamo gradualmente all’acquisto di alimenti dall’intensivo all’estensivo, specie in determinati settori. Mettiamo della responsabilità in ogni nostra azione sociale, tante, tantissime gocce nell’oceano della nostra terra. Ché al momento è davvero unica.

Dall’alto in basso: le immagini 1-2-3-10 provengono da banche immagini online, la 4 ritrae un tratto di campagna dell’Emilia Romagna ed è dell’Associazione ambientalista Terra!, la 5 da FB ed è opera di @Michele Lapini, Bagnacavallo (RA), la 6 è di @Franco Poli, La Cascina Nuova, Poncarale (BS), la 7 di @Davide Lazzari, Lazzari Vini, Capriano del Colle (BS), la 8 è di Isabella Pirovano Corti, l’Abete Bianco, Casalzuigno fraz. Aga (VA), la 9 è di Rino Soprano, Terre del Sovescio, Itri (LT). Resto a disposizione per qualsiasi precisazione, rimozione o dettaglio.

Lascia un commento