Oggi mi coglie uno spirito montaliano… Del primo, quello delle negazioni, di Non Chiederci La Parola: Non chiederci la parola che squadri da ogni lato / … / Non domandarci la formula che mondi possa aprirti/ … / Codesto solo oggi possiamo dirti, / ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. Chiedo, davvero, venia a Montale per averlo citato spezzando l’interezza del suo dire ma dopo aver letto tante certezze, tanti giudizi forti di granitiche convinzioni, il dove lo lascio alla vostra arguzia, sento il bisogno di scrivere, così, a braccio di un’esperienza inaspettata in questo locale: merito di Antonella Varese che mi ha coinvolto, ci ha coinvolto, con me, santa donna, mia moglie Elisabetta, in un evento nato per celebrare idealmente il successo del sodalizio, non solo professionale, con Fabio Mazzoleni, già chef dello stellato Quintessenza di Moniga. Gli appassionati del genere troveranno più informazioni altrove sull’intrecciarsi di scelte e destini che li vede ora come coppia anche nella vita, il mio incontro con la loro nuova realtà, Fabio lo ricordo al comando del locale moneghese, lo devo ad Adriano Liloni che oltre a parlarmene mi fece presumibilmente non risultare simpaticissimo ad Antonella (si sorbì una mia telefonata poco gratificante sull’efficacia del sito che la presentava). La scorsa estate la prima visita, l’esuberanza e la vitalità mai eccessiva di Antonella, il confronto con Simona Gianesin (amore a prima vista, anzi a prima bottiglia: un Brusato Rosè del Pendio di Michele Loda che gratificò entrambi), i piatti di Fabio (animelle, animelle, costine, costine!) tra cui una tartara di pesce di lago semplicissima ed accattivante: la stessa che un «recensore esperto» definì «troppo speziata», impronta davvero difficile visto che in quel piatto le spezie non sono mai state contemplate. Indovinammo i piatti, serve anche questo alla prima esperienza, talvolta un luogo non ci gratifica perché semplicemente non abbiamo scelto, di là dalla correttezza tecnica e di materie prime, le proposte che in quel momento avrebbero gratificato il nostro gusto, i desideri di quella serata (ma chi sono io per pontificare sulle recensioni altrui…). Unico appunto per il mio dolce che non era quello che mi aspettavo, ma di certo questo non mi ha autorizzato ad affermare che fosse cattivo o sbagliato o chissà cos’altro…
Ma è la serata dello scorso 7 febbraio la protagonista del post, serata a quattro mani che ha visto accanto a Fabio Mazzoleni la presenza di Viviana Varese, sorella di Antonella e chef sino a qualche mese fa dell’Alice di Milano, stella Michelin che ha lasciato per accettare l’invito dell’ormai onnipresente Oscar Farinetti: andrà a dirigere il nuovo ristorante gourmet dell’Eataly milanese. Se, a mio avviso, la formula vincente del Dalie e Fagioli è l’essere riusciti, dopo un ragionevole periodo di rodaggio, nell’intento di «unire» in un’indovinata simbiosi le cucine di Antonella e Fabio nonché l’ambiente del locale di Manerba, il menu scelto è stato un «ritorno» allo stile di Fabio con il «di più» degl’innesti di Viviana (un piacere conoscerla, sorridente e cordiale con tutti).

Un mare di Sapori
Aperitivo di benvenuto
il Pirlo scomposto ( Le Marchesine) e Stuzzichini
Tartara di Branzino con finocchi ,Passion Fruit e liquirizia
Carpaccio Fantasia :con frutta e salse
Gambero dentro e fuori: Fusilli di gamberi rossi trafilati dallo chef con ostriche , scorzette di limone , capperi di Gargnano e Gamberi rossi.
Superspaghettino: Spaghettino Verrigni con brodo affumicato, vongole , julienne di seppia e polvere di tarallo.
Il Rombo e il Foie Gras
L’ UNIVERSO di Fabio ( ?)
Piccola pasticceria

La sensazione da me avvertita è stata quella di un «crescendo » musicale, tralascio il Pirlo scomposto, che in tutta onestà mi ha divertito ma non gratificato – lo zucchero carbonico dava comunque tanta dolcezza e il Campari sferificato non era particolarmente percettibile – per dare il via alle danze con la Tartara di Branzino dove il croccante aromatico dei finocchi dava gradita freschezza, seguita dal Carpaccio Fantasia, ancora crudità di pesce che si abbinava ai sapori di frutti come la mela verde, la fragola, il pompelmo rosa, il kiwi… Dove ciascuno poteva giocare cercando l’abbinamento a lui più congeniale.

Un profumo di mare così netto e piacevole emergeva dalla prima portata calda – Gambero dentro e fuori – da chiedermi cosa l’avesse generato: e tale restava, quasi più ammaliante dei sapori in sequenza avvertiti al gusto. Ed ecco uno dei due, per me, trionfi della serata: il Superspaghettino. Spaghettini sottilissimi in un brodo dall’affumicato perfetto, presente senza mai prevaricare sulle vongole e sulla julienne di seppie (confesso che ne avrei affrontato con disinvoltura una seconda porzione).

Il tempo di riprenderci dal piacere ed ecco l’altro trionfo: su una purea di finocchi ineccepibile, un trancio di rombo morbidissimo su cui si appoggiavano dei cubi di foie gras padellati. Un rivolo di fondo bruno legava il tutto. Ed era piccola/grande gioia sentire come l’insieme si riuniva in bocca chiedendo immediato seguito. Delizioso l’Universo di Fabio, mousse su una base tipo «cheese cake» ma qui chiedo venia, per quanto buono fosse le mie papille erano ancora distratte dalla precedente sarabanda di sapori… E poi Simona faceva spola quasi ininterrotta a versare vini nel mio bicchiere… Ricordo, tra le altre proposte, il Monte Rossa Coupé non dosato e con il rombo il Balì dei Trevisani – chardonnay e sauvignon, che mi è apparso più rotondo e morbido di quanto ricordassi -. Sovvertendo l’ordine, ma sarebbe ingiusto dimenticarla, la proposta dei piccoli pani di loro produzione: uno per tutti quello al grano arso.
Il senso del post, oltre a dare il giusto merito ad Antonella, a Fabio (modesto e pacato come sempre) e in quest’occasione a Viviana Varese è chiedermi per l’ennesima volta in che modo alcuni si avvicinino al cibo, alla ristorazione, con quale spirito, quale conoscenza. Da parte mia, inizio e fine collimano, preciso che questa non è una recensione, un’attenta disanima, la parola definitiva per inquadrare un luogo frutto di ricerca, passione e amore ma anche di fatica, attenzione, conti da rispettare. Piuttosto il condividere una serata all’insegna della convivialità, dove ogni portata parlava dell’ineffabile ed umanissimo bisogno di compagnia e condivisione.
Le fotografie sono cortesia dello staff del Dalie e Fagioli