Chi si prendesse la briga di analizzare l’elenco delle denominazioni italiane iscritte nel Registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette (Regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio del 20 marzo 2006) aggiornato al 15 gennaio 2010, alla ricerca dei prodotti bresciani presenti, troverebbe più di una sorpresa. Dall’inizio del progetto MadeinBrescia, continuiamo a ribadire come un territorio così ricco e variegato come il nostro sia culla naturale di tanti ed eccellenti prodotti della terra e del lavoro dell’uomo: vini, oli, formaggi, salumi, cereali … con variazioni organolettiche percepibili in spazi relativamente ridotti. Ci si aspetterebbe di conseguenza se non una pletora, un numero “importante” di citazioni che rispecchino la forte identità di alcune delle tipicità bresciane ma, con un aumento dello stupore preannunciato, in nessun caso la nostra provincia è direttamente collegata a un prodotto. Nella migliore della situazioni condivide la paternità con altre 3 province – è il caso delle D.O.P. (Denominazione Origine Protetta) Laghi lombardi e Garda, entrambe per l’olio – e nella meno felice con altre 61 – si parla della D.O.P. “Salamini italiani alla cacciatora” . Nulla da eccepire sulla validità di tali denominazioni ma, quantomeno, non ci paiono costruire un’identità territoriale ben precisa: ritengo in perfetta buona fede che pochi di noi identificherebbero la provincia bresciana con i salamini italiani alla cacciatora … Curiosità maggiore per lo Zampone e il Cotechino Modena, la Mortadella Bologna e il Salame Cremona, tutti facenti parte dei prodotti a base di carne a I.G.P. (Indicazione Geografica Protetta) nella nostra provincia, oltre ad alcune decine di altri territori, tra i quali, non è più ovvio dirlo, quelli delle province di Modena, Bologna e Cremona. Completando la disamina troviamo tra i formaggi a D.O.P. il Grana Padano, il Provolone Valpadana, il Quartirolo, il Taleggio e il Gorgonzola, tra i prodotti a base di carne il Salame Brianza D.O.P.
Ora non voglio chiamare in causa Fiurit e Slinzega, Tombea e Grano Monococco, ma niente presenze per realtà come il Bagoss, giusto per parlare di un formaggio che ha ormai acquisito fama ben al di là dei nostri confini. Parziale ma importante riconoscimento viene invece dai Presidi Slow Food che annoverano sul nostro territorio quello dell’appena citato Bagoss oltre al meno conosciuto Fatulì, formaggio da latte di capra bionda dell’Adamello reso ancor più particolare da un’affumicatura caratterizzato dalla presenza del ginepro, una nota per un presidio interregionale presente nel bresciano: quello dei Mieli di alta montagna con Millefiori, Rododendro e Melata d’Abete. E’ da rilevare, ma ricordiamo una certa difficoltà nella nascita, gestione e maturità di alcuni, la presenza di Consorzi che riuniscono i produttori di alcune delle eccellenza territoriali: ricordiamo quelli delle 2 D.O.P. degli oli extravergini ma anche quelli di alcuni formaggi come il Silter che ha da tempo avviato le pratiche per l’ottenimento della D.O.P. (coraggio signori …), il Fatulì, il Grana Padano o quello della Castagna di Val Camonica. Non possiamo poi dimenticare in campo vinicolo il Consorzio per la tutela del Franciacorta e quello del Garda Classico tra i maggiori e quelli del Lugana, Cellatica, Capriano del Colle, e Val Camonica. Nonostante si versino fiumi d’inchiostro o si spendano mari di parole resta però molto da fare per garantire giusta visibilità e riconoscimento a produzioni minori quantitativamente ma di grande importanza qualitativa nonché culturale e sociale. Il superamento di tante barriere burocratiche, il trovare, oltre le proprie idee e i propri interessi, un linguaggio comune per chi con passione e fatica “fa” qualcosa di unico e inimitabile restano i pilastri per la valorizzazione agroalimentare della provincia bresciana, momento fondante di MiB.
Questo post, salvo minimi ritocchi, è già apparso nel blog TerraUomoCielo di Giovanni Arcari