Quando il protagonista appare latitante

 

Venerdì sera, 15 Luglio, con un caro amico ho visitato la 28ª Edizione della Festa dei Pèrséch in quel di Collebeato. M’immaginavo, ammetto con eccessiva fantasia, cassette di pesche a profusione, pile di vasetti colmi di marmellate, di gelatine, crostate e torte morbide con il frutto del prunus persica indiscusso protagonista. Un paio di gazebo con delle cassette in vendita e una torta alle pesche tra le proposte gastronomiche – piadine, tagliata, pane con salamina, formaggio alla piastra, l’onnipresente pizza e le altrettanto onnipresenti patatine fritte erano i principali piatti – era tutto quello mi riusciva di cogliere tra la marea di persone presenti. Vero che leggendo il libretto informativo era domenica 17 il giorno più importante per la regina della manifestazione, con le gare per la miglior pesca e per il miglior dolce alla pesca. Tuttavia qualcosa non mi tornava, non mi tornava la straordinaria somiglianza tra questa rassegna e tante altre dedicate sì a un prodotto del territorio ma, ecco, messo un poco in disparte, timoroso di presentarsi in tutta la sua potenzialità, di non essere abbastanza “popolare” per attrarre le tante persone in grado di sancire la riuscita, l’esito positivo di una manifestazione. Eppure di storia, di cultura, ce ne poteva essere, lo diceva giustamente la stessa Pro Loco in uno dei manifesti delle passate edizioni che “cultura” non sono solo i libri … Eppure esistono anche i libri, è del 1996 a cura di Marcello Zane,  Pèrséch de Cobiàt – il frutto della pesca nella storia di Collebeato, edito dall’Amministrazione e Pro Loco di Collebeato. Le prime tracce del frutto nella Val Trompia  portano al 1910 e a Pietro Sorlini, abitante di Concesio, mentre la diffusione ai comuni di Villa Carcina e, appunto, Collebeato,  che valse il conio della definizione “triangolo delle pesche”, può essere collocata nel primo dopoguerra con le varietà Mayflower, nordamericana, e Ciál, di cui non ho trovato notizie, ma entrambe citate in una poesia omaggio al poeta dialettale Romolo Benedetti. Spulciando tra il materiale reperibile in rete si scoprono altre cose che paiono essere state abbandonate o, almeno, per le ultime edizioni, accantonate. Il coinvolgimento degli altri comuni citati, anche se l’attuale produzione, minima comunque se pensiamo a quella italiana che rappresenta oltre la metà di quanto coltivato nel vecchio continente, è di fatto concentrata nel Comune che tiene in vita la rassegna. Il passato gemellaggio, che nel 2004/2005 esisteva con il Comune di Bivona nell’agrigentano, dove si coltiva un’ottima varietà di pesche a polpa bianca: l’Agostina o Montagnola detta Pesca di Bivona.  Come non ho trovato traccia di un liquore a base di pesche, il Peschello, annunciato come novità dell’edizione 2001 e che tuttora ha un proprio sito web con uno scarno testo come unico segno di una (passata?) vita, e un gruppo su facebook con una quindicina di membri. Ed è un peccato, dal mio/nostro punto di vista, perché di feste, non uso il termine sagre …, senza una precisa identità o nate per esclusive ragioni commerciali ne esistono tante. Qui un frutto radicato nel comune, nei comuni descritti, esiste, ha un suo tracciabile percorso, perché rendere il tutto così simile a tante, troppe, altre rassegne sparse per l’Italia? E non voglio certo addentrarmi nelle polemiche che l’anno scorso sono state sollevate dall’Ascom Confcommercio, sul dilagare, specie nel periodo estivo, di manifestazioni che pongono al centro una ristorazione che sa di già noto, che poco o nulla concede alle tradizioni del luogo. A chiusura una nota che scaturisce da un mio non lontano post, tra i motivi che ci avevano spinto a visitare la festa era il sapere di trovarvi un ottimo microbirrificio bresciano, quello dei F.lli Trami. Se non avessimo del tutto casualmente incontrato Nicola, uno dei due fratelli, difficilmente ci sarebbe stato possibile bere con piacere una delle loro birre, le spine erano all’esterno del parco, ossia della zona di maggior affluenza, erano descritte per tipologia, e non anche per il loro nome originale, e non compariva, o io non ho visto ai tavoli della pizzeria all’aperto un accenno a chi le produceva. Ultima chicca, accanto c’era anche una birra industriale, perché, si sa mai, qualcuno avrebbe potuto non apprezzare una proposta così “elitaria” …

8 commenti Aggiungi il tuo

  1. Carlos Mac Adden ha detto:

    Un tweet di Giancarlo Raccagni mi ricorda un altro prodotto a base di pesche della nostra provincia: la Persicata!

  2. Davide Lazzari ha detto:

    Fortunatamente non sei passato alla Festa dell’Uva e del Vino di Capriano del Colle negli ultimi anni. Nata 36 anni fa per festeggiare la vendemmia, ultimamente (e per ultimamente intendo almeno da una decina d’anni) negli stand gastronomici si trovava più vino del triveneto alla spina che vino di Capriano del Colle. Una festa che riempie di visitatori il paesino, i quali credono, ragionevolmente, di bere del Capriano del Colle, ma si trovano nel bicchiere vino prodotto almeno ad un centinaio di Km di distanza senza nemmeno saperlo. Molte feste e sagre nascono con i migliori intenti per poi sposare la “filosofia del profitto”. Quest’anno per quanto ci riguarda dovrebbe cambiare qualcosa (o almeno si spera) ma certi stand gastronomici pongono una certa resistenza a questo cambiamento.

  3. Pablo Zucchi ha detto:

    Peccato che il peschello fosse fatto con aggiunta di aromi che predominano su tutto. Venerdì sera alla Madia di Brione ho mangiato delle ottime pesche al forno con formaggio caprino caramellato. Peccato che alla festa delle pesche di Collebeato si debba proporre una generica salamina, senza promuovere le eccellenze locali. Ho messo al fresco una bottiglia di birra di Capriano del Colle dei F.lli Trami. Ti farò sapere!

    1. Carlos Mac Adden ha detto:

      Confesso la mia ignoranza nei confronti del peschello, ribadisco le tante possibilità – come ho fatto a dimenticare la persicata … – che la “pesca di Collebeato” poteva offrire, così come altri prodotti locali. Ma pare sia più facile afffidarsi a proposte standardizzate …

  4. Alberto Bonera ha detto:

    Ciao,

    mi chiamo Alberto Bonera ed oltre ad essere di Collebeato sono uno dei promotori dell’iniziativa che ha portato la birra dei F.lli Trami alla festa delle pesche.
    Non entro nel merito dell’organizzazione generale della festa e di alcuni problemi sorti fra Comune e Pro Loco di Collebeato che hanno portato alla formazione di un Comitato organizzatore composto da volontari che ogni anno fanno un gran lavoro per portare a termine una festa lunga e piuttosto complessa.
    Ci tengo a dire che io non ne ho mai fatto parte prima ma, quest’anno, mosso da una grande passione per la birra che mi ha portato a frequentare con discreto successo un corso presso l’Accademia Doemens di Monaco di Baviera grazie al quale oggi mi posso fregiare del titolo di Biersommellier, ho deciso, sulla spinta di alcuni amici che avevano lanciato l’idea, di provare a proporre al comitato questa iniziativa.
    Premetto che eravamo un pò in ritardo sul programma in quanto tutto era già pronto ed i libretti divulgativo/pubblicitari erano già in stampa.
    Devo sinceramente dire che inizialmente ho avuto la percezione che la nostra iniziativa nbon fosse vista di buon’ occhio, si parlava di interessi personali, si diceva fosse cosa inutile o non so quali altri problemi….
    Mi ero ripromesso di non scendere a compromessi ma alla fine ho capito che l’unico modo per partecipare era questo… e quindi abbiamo dovuto accettare sia la posizione defilata che l’accostamento ad una altra birra industriale (a tutt’ oggi non ne ho ancora capito il motivo, ma io sono e resto, mio malgrado, un ingenuo).
    I nomi delle birre erano presenti sia su ogni tavolo che su alcuni cartelloni da noi preparati con la spiegazione delle varie tipologie di birre proposte e l’accostamento ideale alle pizze, inoltre il nome dell’azienda produttrice era in bell’evidenza sulla loro bellissima cella/spina che non passa certo inosservata.
    Per il resto si poteva fare molto di più ma come prima esperienza posso con orgoglio dire che è stata un successo al di la dei compromessi e delle difficoltà; in quella zona il consumo di birra artigianale è stato nettamente superiore a quello della birra industriale.
    Mi sento comunque in dovere di ringraziare il Comitato nella speranza che l’anno prossimo si allarghino le maglie della diffidenza in onore di un offerta di qualità, non solo per le birre, sempre migliore.

    Alberto Bonera

    1. Carlos Mac Adden ha detto:

      Non posso che prendere atto delle cortesi precisazioni. Ribadisco che sui tavoli erano indicate le tipologie – giustamente – ma non i nomi che i fratelli Trami hanno dato alle loro birre. Detto questo mi associo a quanto a da te affermato nello specifico: è indubbiamente un inizio che serve a introdurre un prodotto non omologato. E’ in questa direzione, non ho mai intenti “punitivi”, che andrebbero spinte le proposte di tali manifestazioni: del resto mi pare che la tua chiusa contenga una speranza simile. Non critico tanto per il piacere di farlo o per riscuotere maggiore “visibilità”, piuttosto perché vorrei vedere sempre più valorizzate proposte di qualità che la nostra provincia è senza dubbio in grado di offrire. Come sono conscio che dietro alla maggior parte di questi eventi ci siano tante persone di buona volontà ma, come ben sai, a volte la buona volontà non basta. Grazie dell’intervento Alberto, questo blog è sempre a disposizione di chi contribuisce, in tanti modi, ad aumentare la nostra cultura alimentare.

      1. Nicola ha detto:

        Credo che come al solito il giusto stia nel mezzo; se da un lato il Comitato Organizzatore a dimostrato una certa “apertura” nel volere inserire un nuovo prodotto (di indiscussa qualità – che presuntuoso che sono-), dall’altro lato ha voluto “ripararsi” affiancando una birra tradizionale a quella artigianale, e non voglio nemmeno entrare nel merito dei motivi di questa decisione. L’unica cosa che posso e voglio sottolineare è dare atto che il Comitato Organizzatore alla fine, ha capito e si è comunque reso conto che la scelta fatta di portare una birra artigianale si è dimostarta azzeccata. Vero sì, che si è dovuti scendere a “compromessi”, ma ciò, ci ha permesso di aprire e gettare le basi di una nuova strada che altrimenti non sarebbe stato possibile.

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