Nel bosco degli alberi del pane

” … fu questo (XI-XII-XIII secolo), in molte zone dell’Europa centro-meridionale, il periodo di massima diffusione del castagno da frutto, … Il perché di questa scelta è piuttosto evidente: dalle castagne si può ottenere farina; … Non per niente lo chiamano –il castagno – albero del  pane .”

Massimo  Montanari   –  La  fame e l’abbondanza

“… e la nota castagna usata con vari modi di cottura, come móndoi (taiàcc), tètole, biline, biscòcc.”

Giovanni Bignami – Le vere tradizioni bresciane

Tu inizi a camminare e dopo pochi minuti ti chiedi, senza arie di superiorità o finto sgomento, cosa ci fanno tutte quelle persone nei centri commerciali di domenica, con un sole che invita a stare all’aperto condividendo il piacere di quest’aria dimentica di smog e polveri sottili. Un passo dopo l’altro e via a raggiungere le tappe previste, mentre attorno a te scorrono “gli alberi del pane” e ai tuoi piedi foglie secche e ricci rinforzano l’immagine. Certo non  tutto è fiaba, chiedi il perché dell’aspetto di molti alberi e Germano Squarotti, giovane agronomo presidente del Consorzio della Castagna di Paspardo, ti spiega che il responsabile è un insetto che trasforma le gemme in galle dove depone le sue uova che vi trovano nutrimento e rifugio. Più precisamente si tratta del cinipide galligeno del castagno, sorta di piccola vespa, anche questa …,  importata dalla Cina grazie a un vivaista attratto dalle castagne di grosse dimensioni, ma è diffuso naturalmente in Giappone, Corea, Stati Uniti …  E non esistono rimedi se non la lotta biologica classica tramite un antagonista naturale che in Italia viene allevato unicamente dal DIVAPRA (Dipartimento di Valorizzazione e Protezione delle Risorse Agroforestali) della Facoltà di Agraria torinese. Costi e tempi sono importanti, parliamo di anni, ma è attualmente l’unica difesa disponibile per i castagneti italiani. Iniziata attorno al 2002 a partire dalla provincia di Cuneo, l’infestazione si è poi diffusa arrivando negli ultimi anni nella nostra provincia. Il risultato sono piante poco resistenti ad ulteriori malattie e un crollo sostanziale della produzione di frutti.

Noi un poco ignari continuiamo a percorrere i sentieri che ci porteranno da Paspardo a Grevo, in totale 6/7 km facilmente affrontabili anche per i meno allenati, passando da una piccola sosta, sempre allietata da qualche ghiottoneria, all’altra. Nel tragitto entriamo in un castagneto “didattico” opera della Comunità Montana della Valle Camonica, siamo nel
Parco Naturale dell’Adamello, ben segnalato da cippi e cartelli posti ad indicare le essenze vegetali che accompagnano l’indiscusso protagonista. Tornano prepotentemente le riflessioni descritte all’inizio che ora confidiamo a qualche compagno di avventura (per inciso ero accompagnato da mia moglie e da una delle mie bimbe), tra i quali scopro Piero Ruggeri uno dei fondatori del Consorzio, nonché nostra guida della giornata. Da lui apprendo come sino agli anni ’60 vi fosse ancora un’economia basata sulla castagna e come di conseguenza bosco e sottobosco fossero seguiti, curati. Non è cosa improbabile ipotizzare un turismo sostenibile per questi luoghi, attirato dalla bellezza del paesaggio, da prodotti derivati in modo rispettoso dagli alberi del pane, dalla possibilità di sostare in un ambiente dove la mano dell’uomo protegge anziché distruggere.
Ed è in questa direzione che dal 1996 opera questa realtà consortile, nata ad opera della locale amministrazione comunale e di un gruppo di privati cittadini. Riportare, anche parzialmente, i castagneti al loro passato splendore significa ridare a queste zone un valore sociale, economico, produttivo, attirare quell’agriturismo di cui dicevo poco fa, recuperare ricette e tradizioni legate alla castagna, creare occupazione e figure professionalmente competenti.

All’arrivo assaporiamo in modo tangibile uno dei risultati di questo impegno: biscotti, torte, pasta, marmellate di castagne, liquori e distillati ma anche birra (la Bilinia, che vorremmo dall’amico Redaelli un poco più caratterizzata) tutti prodotti grazie all’intervento diretto del Consorzio che ne cura il reperimento della materia prima, l’ideazione e la commercializzazione (bello se anche i biscotti fossero materialmente realizzati nella nostra provincia). Accanto al banco che ospita queste proposte, altri ottimi prodotti locali: ancora i vini camuni di Flonno e della Cantina Luscietti, formaggio e alcuni
gustosi salumi. E questa coerenza l’abbiamo toccata anche nella sosta più lunga, ospiti per pranzo nella struttura del campo sportivo di Grevo: il vino sfuso era della Cooperativa Rocche dei Vignali, camuno ancora una volta ecchediamine.

Mi piacerebbe che altre persone, altre famiglie, condividessero esperienze simili. Un modo per conversare tranquillamente immersi nella natura, per condividere sapori, per collaborare attivamente e senza sforzo alcuno con chi si sta impegnando perché questo nostro, sono ripetitivo lo so, inimitabile patrimonio venga giustamente valorizzato.

6 commenti Aggiungi il tuo

  1. Carlos Mac Adden ha detto:

    Segnalo ai lettori di MadeinBrescia un gruppo su facebook dedicato alla Lotta al cinipede del castagno

  2. Carlos Mac Adden ha detto:

    Segnalo ai lettori di MadeinBrescia un articolo apparso sul sito della
    Confederazione Italiana Agricoltori

  3. Grazie Carlos! Articolo eccellente, ti ringraziamo per la tua disponibilità e per i prossimi eventi in programma speriamo di avere tanti nuovi e curiosi partecipanti!!!

    1. Carlos Mac Adden ha detto:

      Come sempre la risposta è “grazie a voi”, al vostro impegno, al vostro lavoro, sperando che il tutto riesca poco alla volta a recuperare un ambiente naturale che serva da ristoro e da attrattiva alle tante persone in grado di apprezzarlo con la conseguente valorizzazione dell’intera Valle Camonica.

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